Trovare l’alba dentro l’imbrunire…

emanuela verdoneEmanuela, entriamo subito in argomento. Nonostante tu abbia avuto successo in numerosi concorsi letterari non hai ancora dato alle stampe una tua ‘opera prima’. Verrebbe da chiedersi come mai…”Alcuni, dopo il premio Teramo, mi avevano suggerito che fosse il momento giusto per provarci, e ultimamente mi è stato proposto varie volte di pubblicare una raccolta di racconti, o un romanzo breve. Però, ho il timore che tutto ciò si tradurrebbe solo in un tentativo

di gratificazione personale, senza seguito, e non è questo che voglio. Da piccola per molto tempo ho pensato che se fossi riuscita a vincere il premio Teramo, avrei raggiunto la cima delle mie aspettative, tutto il resto sarebbe stato qualcosa in più. Quando quel momento è arrivato non nego che l’emozione è stata fortissima, di quelle che ti fa girare la testa per un po’… Ma una volta che è passata l’ubriacatura ho capito che era solo un punto di partenza, e che dovevo proseguire nel tempo dell’attesa”. Scrivere onestamente, diceva Carver, precisando “niente trucchi da quattro soldi” e anzi indicava nel disciplinarsi alla scrittura la strada maestra per ottenere quei lampi di verità che ogni scrittore vuole raggiungere. Qual è il tuo modo di stare sul banco dello scrittore? Usi trucchi?”L’onestà è la prima cosa. E’ quello che ti permette di continuare a dialogare con qualcuno avendo fiducia nelle sue parole. Se non ci si attiene a questo codice si può anche scrivere qualcosa di bellissimo, ma freddo e insignificante. I trucchi, come li intendo io, sono un’altra cosa. Sono il colpo di scena, la possibilità di creare un corto circuito mentale che ti sorprende, o ti fa arrabbiare, o sorridere. A volte riesce, ed è una sorta di complicità tra lo scrittore e il lettore. E’ un trucco, lo sappiamo bene entrambi, così come lo sa chi partecipa a uno spettacolo di magia, eppure non può fare a meno di fare ‘ohhh’ quando il coniglio esce dal cappello”. Pensi che per i giovani scrittori sia importante consultare manuali discrittura creativa? “Personalmente ho un po’ di diffidenza verso i corsi per professionisti della scrittura, che si diffondono sempre di più sul modello americano. Non c’è dubbio che lo scrivere sia anche un ‘mestiere’, bisogna possedere gli strumenti e lucidarlidi tanto in tanto, però manca il resto. Credo che i corsi di scrittura creativa, così come i manuali, possano essere utili intermine di acquisizione di consapevolezza, di attenzione verso alcune dinamiche narrative. Si gioca con le parole, si sperimenta. Ma poi è necessario trovare una propria voce riconoscibile. Ciò che mi fa apprezzare la lettura di un autore come John Fante è sì la sua prosa scorrevole e gli espedienti narrativi, la scioltezza acquisita lavorando come sceneggiatore a Hollywood, ma quello che me lo rende unico è il fatto di vedere lui, solo lui in ogni pagina, dalla prima raccolta di racconti all’ultima opera postuma”. Oltre che scrittrice sei anche un’alacre studiosa di filosofia.  Questi due aspetti sono netti e distinti oppure sono un unicum inseparabile? “Mi piacerebbe rientrare a pieno titolo in almeno una delle definizioni! Comunque diffido delle personalità troppo coerenti, senza contraddizioni. Non per niente il volume che tengo sempre sul comodino è quello di Pessoa, ‘Il libro dell’inquietudine’. Filosofia e scrittura sono sicuramente due tasselli fondamentali che compongono la mia personalità, assieme al teatro, alla pittura, i viaggi, e a tanto altro…”.”La verità è la vita. Senza verità non si può vivere”, lo diceva Pavel Florenskij. I grandi narratori e poeti ne hanno fatto il loro credo, avendo cantato la vita. Di cosa parlano i tuoi racconti e le tue poesie?” Però qualcun’altro ha detto anche che il poeta è un fingitore, no? Qualcuno ha scritto che la letteratura può costituire uno strumento ottico, far riconoscere al lettore quello che forse senza di essa non avrebbe osservato dentro di sé, tradurre a parole i subbugli che lo attraversano ma non sa decriptare. I miei personaggi sono spesso essere umani che si trovano in una situazione di passaggio. Quei momenti in cui devi saltare, o tornare indietro. In certe occasioni si decide il proprio percorso vitale. Spesso non si sentono in sintonia con l’esterno, e per questo il loro è un faticoso cammino parallelo (Lettera prima del suicidio) e per di più le parole che raccontano il disagio vengono a mancare. In altri casi bisogna che il dosso sul terreno sia superato, per proseguire (Che storia mi racconti stasera?; Per chiederti scusa). Sta di fatto che tutti noi attraversiamo questi passaggi a rischio, a volte ce la caviamo canticchiando, a volte annaspiamo e temiamo di non farcela. Quello che affascina è che per un attimo dobbiamo allontanarci dalla routine, e guardare con altri occhi. Guardare davvero, magari per la prima volta (Il motto della sua vita”).