Quando sentivamo parlare di tsunami, bombe d’acqua, uragani con inondazioni, e morti, raccoglievamo le notizie con sufficiente partecipazione umana ed egoistico distacco di chi pensa di essere talmente al sicuro da non poterne essere neppure sfiorato. Poi, senza che ce ne accorgessimo, il clima è mutato. Complici noi stessi e i nostri vizi, l’incuria e l’ingordigia, l’onnipotenza spavalda dell’ignoranza, e pessime abitudini alle quali si fa subito il callo. Ora i corsi d’acqua li osserviamo con l’attenzione riservata appena ieri a improbabili elevazioni cementose, e siamo smarriti, increduli, se non terrorizzati. L’acqua la sentiamo salire alla gola, ogni volta che un temporale insiste nelle ore, e cominciamo a porci domande gonfie di timore. Come gli argini dei fiumi. Se tocca a noi, ce la facciamo? Dalle righe che seguono proviamo a farci un’idea del nostro territorio. E che Dio ce la mandi buona…