LETTERE AL DIRETTORE- NOVEMBRE 2011

lettera al direttoreCaro direttore,

gli avvocati sono la rovina dell’Italia? Questa domanda alquanto provocatoria nasce una mattina di un giorno come tanti quando, in fila dinanzi ad una cancelleria, l’impiegato, forse spazientito dall’ennesimo utente -non avvocato- che chiede informazioni, dopo che questi si è allontanato, tra il serio e il faceto, rivolgendosi al sottoscritto quale rappresentante diretto e immediatamente reperibile, esclama: “voi avvocati siete la rovina dell’Italia!”. Io non replico, abbozzo un sorriso e stempero il “clima” con una battuta. La giornata prosegue normalmente, ma quella frase mi resta dentro, e ancor di più l’accostamento che in essa si fa tra le parole. Sento, quindi, l’esigenza di esternare una mia riflessione, nella speranza che possa essere condivisa anche da altri. Voi avvocati… ma chi è l’avvocato ? Il “voi” indica un’appartenenza, in quanto si rivolge a soggetti determinati (gli avvocati, appunto) tutti membri di una categoria. Nel caso specifico la categoria viene indicata in modo dispregiativo, e presumo volesse lasciar intendere la mia appartenenza ad una categoria privilegiata, affarista e ambigua. Eppure nel mio studio vengono solo persone che hanno problemi, nati dalle loro vicende private, familiari o professionali, ed io mi limito a risolvere quei problemi. Come tutte le altre categorie professionali. Se si ha un problema di salute, si va dal medico; se il problema è contabile, si va dal ragioniere; se il problema è giuridico, si va dall’avvocato. Quindi quel “voi avvocati” potrebbe essere intercambiabile, ma viene usato esclusivamente per la categoria forense. “Siete”: verbo essere, indicativo presente. Non “siete stati”, in passato, o “sarete”, per indicare il futuro, ma siete oggi, ora, in questo momento storico, una rovina per l’Italia. Nonostante la crisi economica, gli eventi di cronaca nera che vedono mariti uccidere le mogli, figli uccidere i padri, maestre picchiare i bimbi, padri uccidere le figlie, comunque veniamo indicati noi avvocati come responsabili di una rovina, anzi “la rovina”, non una qualunque, una tra le tante, ma “la”, usata come ad indicare l’unica. Allora mi sono domandato il perché di tale affermazione. Forse perché, spesso, accanto alla soluzione del singolo caso ci poniamo il problema di intervenire anche nel sistema? Forse perché nonostante i nostri consigli ci troviamo di fronte clienti che insistono in una soluzione non giuridicamente possibile, anche se viene spiegato e ripetuto loro che non c’è nulla da fare? Questi gli interrogativi irrisolti di fronte ad un’affermazione che mi lascia una profonda amarezza, la stessa che si prova nelle situazioni in cui l’inserimento in una categoria aiuta a circoscrivere il problema e a identificare il nemico. La necessità di analizzare caso per caso, la stessa che invochiamo ogni giorno in udienza, per far sì che nessuna persona venga trattata come un numero, si contrappone allo strumento dell’additamento, più facile e più risolutivo per una cultura giustizialista, che crede nella capacità del gruppo di plasmare il singolo e non nella capacità delle singole persone di distinguersi all’interno di un gruppo. C’è forse in ogni avvocato un piccolo o grande Attila, o forse in ognuno di noi c’è soltanto una piccola o grande umanità, e la professione altro non è che l’espressione pubblica dei nostri valori? La mia non vuole essere una risposta o un tentativo di arringa difensiva, però mi sono trovato di fronte ad una sentenza priva di motivazione e ritengo, quindi, doveroso proporre appello al buon senso, quel buon senso che, partendo da un giudizio asettico, mi porta una riflessione importante sul ruolo che ciascuno di noi riveste nella società, svolgendo semplicemente -ma con passione- il proprio lavoro. La saluto cordialmente.

risposta del direttore:

Caro avvocato, posso dirle la mia opinione? Lei è stato un ottimo difensore della categoria e se svolge sempre così la professione, può personalmente essere tranquillo e soddisfatto. Tuttavia il suo mandato dovrebbe essere allargato e assumere anche la difesa di altre categorie. Quasi tutte (compresa la nostra, quella dei giornalisti), ormai nel tritacarne inarrestabile del tutti contro tutti.