Giovani, contratti e imprese

contratti-lavoro-termineAgosto 2011: disoccupazione giovanile ad altissimi livelli ma, nonostante la crisi, le imprese italiane denunciano la difficoltà a reperire la forza lavoro necessaria. Proviamo a guardare più da vicino il rapporto tra il mondo del lavoro e i giovani in Italia. Chi sono i giovani? Includiamo in questa categoria essenzialmente ragazzi la cui età è inferiore a 30 anni, in linguaggio tecnico parliamo di ragazzi di 29 anni di età e 364 giorni.

Quali tipi di contratti possono essere stipulati con loro? La riforma del mercato del lavoro (riforma Biagi) ha cambiato la disciplina dei principali contratti formativi, ha modificato la disciplina dell’apprendistato, quale unico e vero e proprio contratto diretto alla formazione e professionalizzazione del lavoratore ed ha introdotto il contratto di inserimento.

Contratto di Apprendistato

È uno speciale contratto di lavoro a causa mista, nel quale la prestazione  del lavoratore viene scambiata non solo con la retribuzione ma anche con la formazione. Il Datore di lavoro è obbligato a fornirgli l’insegnamento necessario al raggiungimento della capacità tecnica propria del lavoratore qualificato. Il datore di lavoro che ricorre a questa tipologia di contratto beneficia di una serie di agevolazioni tra cui la riduzione dei premi e dei contributi da versare, la possibilità di sotto-inquadrare il lavoratore, la possibilità di non computare gli apprendisti nel computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi. Nei contratti di apprendistato la norma prevede la formazione del lavoratore (120 ore per tre anni) attraverso corsi, il cui costo è totalmente a carico del datore di lavoro.

Contratto di inserimento

È un contratto di lavoro a termine diretto a realizzare l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro di determinate categorie, mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto lavorativo. Obiettivo è l’acquisizione di professionalità concreta, misurata in rapporto al fabbisogno del datore di lavoro, nella futura prospettiva di stabilizzazione contrattuale. Destinatari del contratto oltre ai giovani possono essere i lavoratori svantaggiati (disoccupati di lunga durata, lavoratori con più di 50 anni, lavoratori che non abbiamo lavorato per almeno due anni, donne residenti in aree geografi che ad alta disoccupazione, portatori di handicap). L’assunzione con contratto di inserimento è subordinata alla defi nizione tra le parti di un progetto individuale di inserimento, fi nalizzato a garantire l’adeguamento delle competenze professionali e a valorizzare le stesse. Il datore di lavoro che ricorre a questa tipologia di contratto beneficia della riduzione contributiva (solo per i lavoratori svantaggiati) e di incentivi normativi (esclusione dal computo dei limiti numerici). Con la manovra Monti per i contratti stipulati dal 02/01/2012 al 31/12/2016 è riconosciuto uno sgravio contributivo pari al 100% ai datori di lavoro che occupino alle proprie dipendenze un numeri di addetti pari o inferiore a nove unità (per i primi 3 anni di contratto) per gli anni successivi l’aliquota è pari al 10%. La disciplina del contratto di inserimento viene estesa anche alle donne di qualsiasi età prive di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, se residenti in aree geografiche in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore ad almeno il 20% di quello maschile o superi del 10% quello maschile. (aree da individuare con Decreto del Ministero del Lavoro). Il costo relativo al contratto di inserimento varia in base all’ubicazione aziendale la contribuzione è prevista in misura fissa come per gli apprendisti. In un’ottica critica è opportuno evidenziare le debolezze del sistema. Il contratto di apprendistato che può essere appetibile per il giovane interessato ad apprendere una professione è dall’altro lato poco appetibile per il datore di lavoro il quale si trova a dover investire in formazione e corsi, mancando a monte la certezza della continuità lavorativa del lavoratore. Nella mentalità del piccolo imprenditore, e dell’imprenditore che si è fatto da se, vige una sorta di tutele dell’esperienza maturata pertanto anche naturalmente è poco predisposto alla condivisione e alla crescita di gruppo. limiti che incidono sulla scelta delle forma di lavoro. La riflessione fatta ad inizio articolo non può non essere evidenziata… le imprese italiane denunciano la diffi coltà a reperire la forza lavoro necessaria… viviamo in un mondo dove alcune figure lavorative non hanno più successo e vengono sempre più non considerati lavori adatti a noi italiani. Basta guardarsi intorno nel mentre facciamo una passeggiata e vedremo cantieri edili aperti dove la forza italiana è di gran lunga inferiore rispetto alla forza non italiana. Forse l’elevazione dello stile di vita italiana ha indotto in maniera naturale in ognuno di noi la volontà di espletare lavori considerati consoni al nostro stile di vita. Oggi, periodo di crisi, è opportuna un’adattabilità della domanda e dell’offerta di lavoro utile alla crescita del Paese.