UNA CRISI “DEMOCRATICA”

crisi-economicaImprenditori, lavoratori, disoccupati, giovani e anziani: 33.000 mediopiccole aziende fallite negli ultimi 9 mesi, in Italia. Dalla mala economia alla mala politica, le vittime della crisi appartengono “democraticamente” a tutte le categorie e le fasce sociali. Non passa giorno ormai che le cronache non

riportino notizie di suicidi o atti estremi. Una volta chi entrava in banca con una pistola era per fare una rapina, oggi c’è chi lo fa per non farsi negare un prestito, necessario a far sopravvive una piccola azienda o la famiglia, mentre chi ruba spesso lo fa per sfamarsi, come una coppia di anziani sorpresi dall’antitaccheggio in un supermercato. Abbiamo chiesto un commento a tre diversi esponenti dell’economia teramana e il messaggio, forte e chiaro, è stato anche unanime: basta con le chiacchiere. Gloriano Lanciotti (direttore provinciale Cna Teramo) “Le misure di Monti sono state necessarie. Qualcuna pienamente condivisa altre un po’ meno. Sarebbe però utile maggiore incisività per quel che riguarda il sostegno al credito, anche attraverso i Confi di che sono poi i garanti delle imprese presso le banche. I Confidi si sono fatti carico di sostenere e garantire l’accesso al credito, ma da due anni aspettiamo ancora i fondi FAS assegnati allo scopo. Nel 2011 la provincia di Teramo ha invece fatto un passo indietro: 58 milioni in meno di erogato rispetto al 2010. Ne pagano le conseguenze soprattutto le piccole imprese sottocapitalizzate. La questione dei suicidi è drammatica e sarà affrontata nei prossimi incontri della nostra associazione perché le richieste di aiuto che riceviamo sono davvero tante e a volte è davvero difficile rispondere. La questione principale riguarda soprattutto i crediti nei confronti di enti pubblici, che non vengono riscossi, mentre rimangono gli impegni di uscita, gli stipendi, le tasse. Per questo oggi è necessaria una maggiore fl essibilità delle banche devono essere più flessibili e maggiori risorse per i Confidi. In realtà fi nora abbiamo avuto solo chiacchiere. Le banche hanno utilizzato i fondi erogati dalla BCE per risanare i propri conti economici e riportare così lo spread a livelli dignitosi, ma non è più possibile rimandare la redistribuzione di quel denaro alle imprese, anche se rimangono altre difficoltà oggettive. L’obiezione è sempre la stessa: se le aziende non sono sane il credito non viene erogato. Ma oggi anche grandi imprese hanno problemi di liquidità, figuriamoci le piccole e per i motivi già detti. Il primo passo quindi è sbloccare tutti i pagamenti che le aziende pubbliche devono alle imprese. E parliamo di cifre già ingenti: 60 milioni di euro di crediti verso enti pubblici Da 4 anni discutiamo in questa provincia di alcune aree di crisi, ma ad oggi non è stato fatto ancora niente. Da 3 anni non si ricevono risorse, nonostante i periodici annunci sui giornali. Di cosa parliamo? Tutti i giorni ascoltiamo i problemi delle imprese, ma abbiamo a che fare con una classe politica troppo lenta nel dare risposte che invece devono essere immediate. Non è più tempo di discutere, ma di muoversi. Non c’è un ente in questa provincia, comuni, Asl, ecc. che paghi entro i 30 giorni previsti, salvo forse la Camera di Commercio. Uno dei nostri associati sta aspettando da circa 2 anni di essere pagato. Il nostro tessuto economico è fatto principalmente di piccole realtà, oltre il 90% delle imprese di questo territorio ha meno di 10 dipendenti e se non si interviene subito con un’iniezione di liquidità, con concretezza, sarà difficile farla ripartire perché tranne alcuni grossi nomi che lavorano con l’export, il resto vive del mercato locale che dipende quindi dai consumi locali. Di contro abbiamo invece delle risorse che rischiano di andare perdute, un vero e proprio spreco. Due grandi opere che gridano vendetta: l’autoporto di Roseto, costato13 miliardi di vecchie lire, finito e mai messo in funzione e quello di Castellalto, ancora da finire. Chi è responsabile di questo? La politica non se ne occupa e per utilizzarli o riconvertire l’incompiuto bisognerebbe fare un bando, affidarlo a privati liberi di gestirlo e in grado di ricavarne dei guadagni. Abbiamo impiegato 25 anni per fi nire (si fa per dire) la Teramomare. Per quanto riguarda la classe politica credo che la prossima volta che si andrà a votare sarà sottoposta forse per la prima volta nella nostra storia, a una vera selezione. Gli imprenditori oggi osservano molto attentamente chi sta lavorando e come, per il territorio, perché chi dovrà rappresentarci non avrà più deleghe in bianco. La classe politica dovrà capire che il cambiamento è inevitabile e che dovranno lavorare sodo per il rilancio dell’economia, a tutti i livelli. Le decisioni dovranno essere rapide perché i prossimi mesi saranno ancora duri. Non chiediamo contributi a fondo perduto, ma risorse e sostegno per imprenditori e dipendenti che i confi di possano utilizzare per ridare ossigeno al movimento economico”. Gianfredo De Santis (presidente regionale Fidimpresa) “Nel 2011 sono state 186 le imprese abruzzesi fallite. E i fallimenti hanno un effetto a catena perché coinvolgono anche le altre attività ad esse collegate. Infatti, quando un’impresa fallisce, i suoi creditori hanno comunque anticipato le tasse (iva) sui crediti che vantano, ma nonostante la perdita o il mancato incasso, non possono recuperarle. La regione ha un ruolo importante nel rilancio dell’economia abruzzese e deve agire di conseguenza. I fondi Fas ad esempio, dovrebbero essere al più presto sbloccati e messi a disposizione delle imprese, attraverso banche e confidi, come dichiarato in molte occasioni dall’assessore Castiglione. Purtroppo i bilanci delle piccole imprese hanno poco capitale e questo per le banche è una discriminante grave, occorre più coraggio da parte loro perché in tempi di facili guadagni, le stesse banche hanno attinto da quelle piccole imprese, anche se poco capitalizzate. E’ indispensabile quindi che la politica smetta di fare chiacchiere e agisca. A livello nazionale sono circa 70 milioni i crediti vantati dalle imprese nei confronti di enti pubblici, mentre solo nella nostra regione sono 1,400 milioni. Questo Governo regionale ha dato il via libera per certifi care il credito che le imprese hanno verso gli enti, ma quando sarà veramente attivato e riscuotibile? Anche i fondi POR destinati alla patrimonializzazione dei confidi ancora non si vedono, come non si sono ancora visti i fondi per le le alluvioni, le calamità e le aree di crisi. Le nostre convenzioni hanno un indice moltiplicatore da 15 a 20, ciò signifi ca che con una disponibilità di un milione di euro possiamo garantire le aziende per 20 milioni, quindi con i 30 milioni assegnati potremmo garantire per 600 milioni di liquidità e se tutto ciò avvenisse con la sinergia delle banche, la cosa sarebbe veramente risolutiva per l’economia abruzzese. I dati Fidimpresa Abruzzo invece dicono altro: abbiamo deliberato per 144 milioni di euro, però le banche hanno erogato per 72 milioni di euro, quindi solo il 49% del nostro deliberato. C’è da riflettere. E’ possibile che non ci siano imprese che meritino investimenti e aiuti?”. Luca Verdecchia (presidente giovani imprenditori Confindustria) “Il male di questa economia ha radici profonde e adesso siamo nel collo dell’imbuto. La difficoltà di accesso al credito non fa che peggiorare lo stato di gravità. Confindustria Teramo di recente ha siglato un accordo con Banca dell’Adriatico del Gruppo Intesa proprio per intervenire su questo argomento. Se è vero che le banche sostengono oggi solo le imprese con una storia consolidata, per i giovani che si trovano a creare iniziative imprenditoriali il discorso cambia. Le banche devono credere nei progetti per assumersi l’impegno a sostenere. Spesso mancano però proprio i progetti. I fondi a disposizione ci sono, ma le scelte da fare vanno ponderate. Oggi inoltre è fondamentale che la politica si faccia carico di questa realtà e lavori per sostenere le imprese e l’economia. In questo si avverte il cambiamento che la politica dovrà necessariamente affrontare. Il governo tecnico ha tolto il velo e messo la politica di fronte ai problemi reali. C’è bisogno di idee nuove e i giovani possono essere decisivi, è una grande occasione per nuove progettualità, ma se la classe politica non cambia o non cambia il suo approccio alla realtà sociale le cose non possono realmente migliorare. . Possiamo ipotizzare che alle prossime consultazioni elettorali, il paese chiederà alla politica cambiamenti reali, maggiore presenza di giovani, nuovi atteggiamenti nei confronti dei cittadini. Dal fisco alle tutele sociali, dai controlli alle sanzioni. Nel nostro recente convegno inoltre è emerso che nessuna provincia abruzzese è tra le prime 20 in Italia per tasso di imprenditorialità giovanile e tra le possibili spiegazioni c’è che fare impresa in tempo di crisi è difficile … fi guriamoci per i giovani; siamo un paese gerontocratico; i tempi – ed i costi – per aprire un’impresa sono biblici; le tasse in Italia sono troppe; se sei giovane e intelligente meglio andare all’estero! E’ anche vero, però, che non si comunicano adeguatamente le storie di “quelli che ce l’hanno fatta” ma si preferisce parlare di “fuga di cervelli” e che molti giovani non conoscono adeguatamente le lingue ed oggi il mercato più attraente è spesso oltre-confine”.