TE LO RACCOMANDO

In America o in Gran Bretagna, tra i titoli curriculari sono molto utilizzate le lettere “di raccomandazione” ovvero degli attestati di stima,

verso il dipendente da parte dei suoi datori di lavoro. Così, ogni volta che si cambia incarico, un ricordo, una testimonianza della professionalità del lavoratore va a dare maggiore valore alle sue competenze e alla sua esperienza. Una specie di valutazione finale positiva sul lavoro svolto, a posteriori.

Anche in Italia l’usanza di “raccomandare” è molto diffusa, ma al contrario di quanto avviene fuori, lo si fa sulla fiducia, cioè “prima” di aver dimostrato, con il lavoro, di cosa si è capaci. La “raccomandazione” assume il significato di “tenere in particolare considerazione” una candidatura ad un incarico, perché il “raccomandante” promuove il “raccomandato” non per i suoi documentati meriti (o almeno non solo) , ma spesso solo per relazioni personali, parentali, amicali o di appartenenza allo stesso gruppo sociale.
Di questa realtà, universalmente riconosciuta, ma sempre ufficialmente rigettata come pratica comune, abbiamo avuto modo, nei giorni scorsi , di verificarne la presenza in città , quando è stata resa pubblica una lettera, a firma dell’ex ministro Gianni Letta che “raccomandava” appunto un super manager dell’ente provinciale, che di super, ha avuto, sicuramente, lo stipendio.
E qui si torna, come sempre, sul massimo assillo di amministrati e amministratori. Quando si parla di servizi pubblici di
grande utilità sociale, come gli asili e le mense scolastiche non c’è amministrazione che rinunci alla scelta di tagliare i
costi o aumentare le tasse. Ma quando si parla di compensi manageriali, dai costi altrettanto (se non di più)
alti “tagliare” diventa una mission impossible. Contratti, diritti acquisiti, competenze, tutte cose non negoziabili, pena infiniti contenziosi legali.
Ma perché lo Stato ritiene che si possa e debba sopravvivere a volte con pensioni da 500 euro, senza poter far valere le proprie competenze, accumulate nel corso di una vita, mentre ad una esigua minoranza “il valore” viene riconosciuto prima dell’esperienza e, a volte, nonostante?

PrimaPagina edizione settembre 2014 – di Dir Mira Carpineta