Quando il persecutore ha la gonna

Quando il persecutore ha la gonnaQuando si parla di stalking, in genere si immagina una vittima al femminile. Scopriamo, ascoltando il racconto di Mario, teramano, che le donne possono essere soggetti perseguitati ma anche molestatori. L’esperienza del nostro protagonista è ormai relativamente lontana nel tempo, ma il c’è ancora tanta emozione, nel parlarne. “La mia esperienza di ‘persecuzione’ inizia con l’ingresso nel mio ambiente di lavoro

di una nuova collega. Sembrava, dico sembrava, perché poi ho scoperto non essere così, competente, volenterosa e piena di idee per attivare nuove sinergie lavorative.” E’ proprio questo il tasto dolente, Mario voleva lavorare, e gli avvicinamenti a questa donna erano sempre professionali. Ma lei fraintende ed inizia ad aspettarsi di più. Mario, felicemente sposato da diversi anni, con un figlio, professionista quotato, non ha interesse ad una relazione extra coniugale e respinge chiaramente le avances della donna, quando questa si dichiara apertamente. “Credevo di aver chiuso la questione, invece è iniziato l’incubo”. All’inizio, telefonate ‘pretestuose’ anche in orari che nulla avevano a che fare con la sfera lavorativa. Il passo successivo, telefonate anonime, anche in piena notte, e passo passo, sms, decine di messaggi, nei momenti più impensati e con le argomentazioni più assurde. “Debbo dire – prosegue Mario – che gli ultimi, deliranti, raggiungevano limiti offensivi e violenze psicologiche da fi lm dell’orrore”. La donna vuole attirare l’attenzione e non si ferma. “La mattina, recarmi al lavoro era diventato un incubo. Ogni pretesto era lecito per litigare e tormentarmi. La mia concentrazione e il mio rendimento lavorativo ne risentirono pesantemente”. Mario, tuttavia, pensava sarebbe passata. L’orgoglio della donna era stato ferito dall’essere stata respinta, si era tutti grandi e ragionevoli, si sarebbe ristabilito l’equilibrio. Non è così: “Puo’ sembrare ridicolo, ma avevo paura a recarmi in ufficio. Non vivevo più serenamente, anche il mio atteggiamento in famiglia era peggiorato. Avevo il terrore di essere sempre spiato e controllato. Senza trascurare che l’attività di (marcamento) sfociava nella denigrazione della mia persona verso altri colleghi”. Come si è risolta la situazione? Come è tornato a vivere normalmente e ad essere la persona che è oggi? “Riassumo: denuncia, consulenza legale ed allontanamento dal posto di lavoro. E non meno importante avere sempre intorno persone. Sì, un forte (inconsapevole) aiuto è arrivato dal ritrovarmi (dopo aver intensificato  le relazioni sociali) sempre circondato da persone”. Cosa le è rimasto di questa esperienza? “Adesso sono più’ attento a valutare il prossimo, mantengo un forte distacco con collaboratori, colleghi e subalterni. Direi che sono tornato all’utilizzo del ‘lei’. Non so se sarà suffi ciente, spero solo non si ripeta mai più”.