SONO UNO SCIENZIATO “FREE LANCE”

Romolo_Di_Francesco_primapaginaRomolo di Francesco… “E’ la scoperta della mia vita”.

Che arriva dopo moltissimi anni di studio “matto e disperatissimo”, esteso a molti campi della scienza ingegneristica e non, dalla geologia, alla matematica, alla biomeccanica e perfino alla psicologia”. Esordisce così Romolo di Francesco, nel raccontare la storia che lo ha portato ad una rivoluzionaria scoperta scientifica nel campo della geotecnica e non solo. Si definisce un “ricercatore free-lance” perché non appartiene al mondo accademico, anche se i suoi testi scientifici sono utilizzati in molti corsi universitari ed è chiamato a tenere lezioni nei corsi post-universitari. Quello che raccoglie la sua ultima ricerca è l’ottavo libro ed è in fase di pubblicazione, ma procediamo con ordine chiedendogli di raccontarci la sua storia:

“Io mi occupo fondamentalmente di geotecnica, che detto in modo “semplice” è una materia scientifica che rappresenta un confine labile tra il mondo dell’ingegneria e quello della geologia. La geotecnica studia le “risposte” dei terreni, cioè le resistenze che offrono, i cedimenti che palesano, ogni qualvolta gli mettiamo un carico, che può essere un palazzo, un ponte, una strada, una diga, un aeroporto, insomma tutto ciò che vi costruiamo, per sapere quanto e se resiste il terreno e che cedimenti può avere. I cedimenti si sviluppano in tempi anche piuttosto lunghi e possono portare a fessurazioni nelle costruzioni, con tutti i problemi che ne derivano. Nel 1936 fu presentata una teoria matematica per l’analisi dell’evoluzione nel tempo di questi cedimenti. Se possiamo anticipare la conoscenza di questi cedimenti si possono migliorare i progetti e la struttura resisterà meglio. Non bisogna dimenticare infatti i costi economici che possono indurre costruzioni basate su valutazioni inesatte”.

Come è arrivato alla scoperta? Questa teoria è condensata in un’equazione differenziale quadratica, elaborata nel 1936, che fino ad oggi non aveva una soluzione esatta. Tutti quelli che hanno provato a risolverla avevano, finora, fallito. Solo un fisico-matematico inglese, nel 48, arrivò ad una soluzione approssimata, su cui peraltro, si basano gli insegnamenti accreditati nelle università e tutt’ora in uso. Nel 2010, lavorando sulla struttura logica di tutte le più importanti equazioni differenziali che descrivono i principali fenomeni fisici (come ad esempio la propagazione dei terremoti, la propagazione del calore ecc) mi sono reso conto di poter trovare la soluzione esatta e così è stato. Poi ho sviluppato ulteriormente i calcoli e ho trovato la connessione matematica tra la teoria, la mia soluzione esatta e i dati sperimentali in laboratorio. In pratica ho eliminato definitivamente la soluzione approssimativa del 48. Ma non ero ancora contento, perché la teoria del 1936 era limitata, come applicazione, al campo monodimensionale, (vale a dire come se il fenomeno venisse analizzato lungo una retta, tralasciando lo spazio), e dopo ulteriori studi sono riuscito ad estendere la teoria al campo bi-tridimensionale e a trovarne le soluzioni.

E fin qui la scienza. Qual è stato invece il percorso dello scienziato? La ricerca scientifica non è quel che si dice un campo felice, spesso assomiglia ad un club esclusivo con accesso limitato. In alcuni ambiti, attraversati nel corso della mia ricerca, sono stato un autodidatta. Non appartengo al mondo accademico e il riconoscimento ufficiale della validità della mia ricerca ha avuto un viaggio avventuroso e travagliato. Quando ho iniziato a sottoporre i miei studi alla comunità scientifica, alle riviste specializzate in geotecnica, ho avuto molti rifiuti, sia in Italia che all’estero. Una rivista inglese mi rispose che la mia ricerca non era “conforme alle finalità della rivista” (che per inciso, si chiama “geotechnique”). Dopo le mie proteste arriva un’altra risposta nella quale mi si confessa candidamente che la mia ricerca non era stata neanche letta, ma cestinata direttamente.

Si è sentito in qualche modo, boicottato? Certo. Su quella teoria si sviluppa tutta l’ossatura della geotecnica. Le mie proteste e le contestazioni ai referee, sono state numerose e in qualche caso anche molto energiche.

Quando ha capito di avercela fatta? In realtà il percorso è stato molto particolare e vale la pena raccontarlo. Nel 2010 un medico argentino ha scoperto una cura valida contro il tumore. Presentò i risultati a una rivista scientifica, ma, come nel mio caso, gli fu rifiutata perché a loro avviso mancante di dati statistici. Il medico allora lavorò alla raccolta dei dati e dopo molti mesi ripresentò la ricerca. La risposta, sorprendente , fu l’ennesimo rifiuto perché il trattato fu considerato solo statistico e quindi non abbastanza medico . La mia esperienza è stata simile. Il mondo accademico ha di queste contraddizioni e di queste chiusure purtroppo. Ho avuto modo di condividere questa esperienza con molti altri ricercatori, attraverso un forum, ma in quella sede trovai un professore di matematica di Brescia, che accettò di analizzare la mia ricerca. Mi recai personalmente a Brescia dove riempimmo lavagne e lavagne di formule, ma la mia teoria risultò inattaccabile. Devo dire che mi sono stati di grande aiuto per raffinare il linguaggio matematico. Il professor Luca Lussardi, del Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università del Sacro Cuore di Brescia mi consigliò di lascia perdere le riviste di geotecnica, palesemente ostili e di mandare la mia ricerca ad una rivista di matematica. Ebbene, a gennaio scorso ho inviato la ricerca e in meno di un mese ho avuto tutti i referaggi positivi e la richiesta di pubblicazione, insieme alle congratulazioni. Tra qualche settimana sarà pubblicata in tutto il mondo. Naturalmente, riconoscendo il valore della scoperta, hanno voluto i diritti di copyright. Il mondo della ricerca è lobbistico, ma molto attento all’economia. Quando si sono resi conto che avevo sovvertito tutto ciò che era stato insegnato fino ad oggi e che ho dimostrato contestualmente che quell’equazione ha una soluzione, hanno pensato ai libri da riscrivere, ai corsi universitari e ai software da rifare. Non posso fare a meno di cogliere delle note di amarezza nel suo racconto. Soprattutto riferito all’accoglienza riservatale dal mondo scientifico, o almeno una parte di esso. Quando ho avuto l’esito dei referee, il mio messaggio su facebook è stato: “ho vinto, per dio, ho vinto!” e molti mi hanno risposto dicendo: adesso non fuggire all’estero! E’ triste pensare che sentiamo spesso i politici lamentarsi per la fuga dei cervelli e poi magari, quello che rimane deve arrampicarsi sugli specchi per avere anche solo l’ascolto.

Non ha pensato di riproporre il lavoro alle riviste che l’avevano rifiutato? No, perché sono già al settimo libro, entro quest’anno sarà pubblicato anche un’ottavo e a questo punto non ce n’è più bisogno. Le lezioni si imparano.

Adesso di cosa si sta occupando? Attualmente sto lavorando sull’equazione differenziale di D’Alambert del 1747, un modello matematico con cui ancora oggi si analizza la propagazione del moto ondulatorio dei terremoti. Questa equazione ha soluzione, ma in campo monodimensionale. Io sono riuscito a trasformarla in 2 e 3 dimensioni per simulare quello che succede nello spazio.

Quali sono le evoluzioni che possono scaturire da questo cambio di prospettive? Quando i calcoli non sono più approssimati, ma esatti, le costruzioni sono più sicure. Faccio sempre l’esempio dell’aeroporto sull’isola artificiale giapponese. Ebbene quella struttura costruita con i calcoli approssimati, ha ceduto, è sprofondata più di quello che avevano calcolato perché si basava appunto sulla formula approssimata. E’ stato necessario intervenire con sostegni a fronte di enormi costi. Raffinare i calcoli quindi, è anche un investimento economico.

Pensa che l’atteggiamento del mondo scientifico, nei suoi confronti, cambierà adesso? Sono piuttosto scettico al riguardo anche se, non lo nego, provo grande soddisfazione quando riconoscono la validità delle mie scoperte. Ma è una soddisfazione che, a volte, ha un retrogusto amaro: nel 2005, feci uno studio sui possibili effetti di un terremoto a Teramo, nel quale scoprii che la maggior parte dei danni si sarebbero potuti verificare in alcuni specifici punti della città e nel 2009, purtroppo, ne ho avuto la conferma”. Romolo Di Francesco lo trovate nel suo sito, www.romolodifrancesco.it