Ruzzo niente di nuovo

servizio_idrico_teramo_primapaginaGli uffici dell’acquedotto del Ruzzo sono in via Dati, vicino la Villa Comunale “prigioniera dentro la sua rete”, come cantava Ivan Graziani. La storia di questo ente che gestisce “il petrolio del duemila” cioè l’acqua, affonda le radici nel secolo scorso: erano infatti gli anni ’20 quando venne costituita l’Acar-Azienda consorziale acquedotto del Ruzzo. Poi la legge n.36/1994 (cd. legge Galli) ha avviato

un processo di riorganizzazione del settore, reso ineffi ciente dalla frammentazione degli operatori, all’epoca più di 13.000 in Italia. La normativa ha assegnato alle autorità regionali e locali la modernizzazione dei servizi acquedottistici. I principi della regolamentazione sono: l’introduzione degli Ato (ambiti territoriali ottimali) con funzioni di indirizzo e controllo; separazione tra proprietà delle infrastrutture e servizio idrico; obblighi di efficienza e produttività; copertura dei costi ed investimenti. Come nella migliore italianità, molti di questi assunti sono stati clamorosamente non rispettati. Il 16 giugno 2003, l’Acar fu dunque scissa in Ruzzo Servizi s.p.a. – avente per oggetto la gestione del servizio idrico – e Ruzzo Reti s.p.a.- con oggetto sociale l’amministrazione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali destinate alla gestione del servizio idrico. Ci si accorse ben presto che la spesa aveva di gran lunga superato l’impresa.I due consigli d’amministrazione, doppia gestione delle scadenze che la legge impone ad ogni azienda, per non parlare di una lunga teoria di assunzioni a volte senza concorso, consulenze esterne non necessarie quando tecnici e professionisti sarebbero stati reperibili già all’interno dell’azienda, sprechi, assenza di collegamento tra centro e periferia, la sempre crescente diminuzione dei contributi dall’alto per ripianare i debiti, la mancanza di liquidità, corresponsabilità di altri enti, bilanci ovviamente deficitari. Tutto questo si rifletteva e si riflette ancora sui cittadini: tempi chilometrici per un allaccio alla rete- 150 impiegati e solo 25 fontanieri-, invio di bollette con avviso di mora a distanza di anni, scarsa manutenzione dei depuratori e delle fogne, riparazioni spesso compiute fuori tempo massimo. C’ è però da dire che il grande malato sta un po’ meglio ed attende di essere trasferito dalla rianimazione ad un normale reparto. Tutte queste cose saranno oggetto di analisi nei prossimi numeri del nostro giornale.