Ruzzo: l’ex presidente Di Pietro sotto attacco

ruzzoreti “E’ una storia un po’ complicata, una storia sbagliata”, cantava il compianto Fabrizio De Andrè. Adesso che il re è nudo, disarcionato, senza corona e senza scorte, e gli avversari di sempre sono entrati a Palazzo vincendo l’ultima battaglia (elettorale), si pensa bene di svergognarlo su pubblica piazza. Fuori tempo massimo. E’ quello che sta accadendo al Ruzzo. L’ex presidente

Giacomino Di Pietro sarebbe accusato di aver affittato indebitamente un capannone di sua proprietà o dei membri della sua famiglia al Ruzzo stesso. In realtà, le strutture sotto la lente d’ingrandimento sono due: la prima è sita a Villa Pavone e fu data in affitto alla Te.Am., la seconda è a Piana Piccola -vicino Villa Vomano – parte dell’azienda agricola casearia “Oara” di proprietà della famiglia Di Pietro. Le polemiche al riguardo non sono mancate già negli anni precedenti, ma solo ora il fiume carsico sta riemergendo facendo sì che – stando ai rumors- potrebbe essere intrapresa un’ azione giudiziaria nei suoi confronti. Nel lontano 2004, rispondendo ad una nota di Angelantonio Taraschi proprio su questi famigerati capannoni, Di Pietro rispondeva: “L’azienda citata da Taraschi — Oara, per l’appunto, nd’A— è di proprietà dei miei fratelli e non c’entra nulla nella vicenda. I capannoni di Villa Pavone appartengono alla Ruzzo Reti, e già dal 2000 esiste un contratto di affitto con la Team. Infine, a Piana Piccola esiste uno stabile che appartiene a mio padre e che, seguendo un piano dell’Ato, è stato individuato come possibile area per la dislocazione di un impianto della Ruzzo Servizi”. Per i detrattori, Di Pietro si è comportato male; secondo una fonte “molti altri capannoni, vista la drammatica crisi, sono sfitti e pronti all’uso; in quello di Piana Piccola si sono invece dovute portare tutte le infrastrutture: luce gas, Adsl”. Qualora così fosse, viene da chiedersi in base a quale scelta strategica l’Ato avesse trovato proprio lì il non plus ultra della praticità di gestione. Seguendo la solita linea di demarcazione tra guelfi e ghibellini, secondo altri non c’è nulla di male, dacché i risultati portati da Di Pietro sono comunque “in nero” e non coi soliti bilanci “in rosso” cui la pubblica amministrazione è abituata. Quanto al fatto che l’ex dominus di via Dati si ritrovi in questo bailamme solo ora che ha lasciato la presidenza è la storia di sempre. Si sapeva che Di Pietro aveva affittato questi capannoni? Certo! Allora perché non chiarire le cose prima? In tutto questo è bene ribadire tre cose, tanto scontate quanto sempre troppo sottaciute: la morale è una cosa, il diritto altro; se ci sono state violazioni della legge sarà la magistratura ad occuparsene e non la politica; anche se si è sotto inchiesta si è innocenti fino a sentenza passata in giudicato. Banalità? Non troppo, visti i tempi che corrono.