RITROVARE GESU’

Un Conclave tra i più brevi della Storia, un’elezione quasi plebiscitaria, hanno portato sul Trono di Pietro il primo Papa “americano”, sia per nascita (Chicago), sia per apostolato (America latina, nella fattispecie il Perù). Due elementi difficilmente accostabili alla casualità.
Perchè questa scelta?

Dalle prime parole pronunciate da Leone XIV dalla Loggia delle Benedizioni qualcosa si intuisce, e anche molto chiaramente.

Davanti a centomila persone in piazza San Pietro e miliardi davanti agli schermi delle moderne tecnologie, il nuovo Papa ha ripetuto diverse volte la parola “Pace”, a cominciare da quel saluto “del Cristo Risorto ai suoi discepoli” : “La Pace sia con voi”. In queste poche parole c’è tutto un mondo di significati e significanti da esplorare.

A cominciare dalla scelta del nome: Leone XIV, indica fin da subito un altro aspetto che evidentemente gli sta a cuore. Leone è un nome ricco di simbologia sacra: Gesù stesso è indicato come “il Leone della tribù di Giuda” (Apocalisse 5,5). Così come, con un leone alato, viene rappresentato l’Evangelista Marco e nell’araldica ecclesiastica rappresenta la protezione e la vigilanza contro il Male. A conclusione del suo discorso infatti ha detto che “il Male non prevarrà”.

E poi il rimando a un altro omonimo predecessore, quel Leone XIII che con la sua Enciclica Rerum Novarum aprì la missione della Chiesa al mondo del lavoro, sui temi sociali che investono la gente comune.

Infine i paramenti: abbiamo visto un Papa che si è riappropriato di simboli visivi evidenti come la mozzetta rossa, ovvero la mantellina porpora e la stola a ricami dorati. Una “restaurazione” dopo la semplice talare di Francesco?

Ce n’è abbastanza per osservare e riflettere.

Con la sua scelta, evidentemente,  il Conclave ha voluto riportare l’attenzione a questo particolare momento storico, dove è palese, ormai da tempo, la mancanza di  punti di riferimento ideologici, dove aumentano le incertezze politiche, le relazioni umane sono “a tempo” e spesso devastate da inappropriati usi della comunicazione.

Ne ha motivato come atto oblativo e di amore verso l’unità della Chiesa e la sua missione, la scelta di Robert Francis Prevost, dopo giornate straordinarie e di grande emozione e partecipazione popolare. Non solo per i cristiani e la Chiesa tutta, ma in un certo senso per il mondo intero. Quasi che la morte di Papa Francesco avesse determinato la migliore conoscenza della sua ricca e complessa personalità e una maggiore comprensione della sua autoreferenziale solitudine di potere.

Ne ha sottolineato la necessità impellente di passare da una Chiesa “liquida” e di complessa identità, ad una Chiesa della modernità dottrinale, attraverso un cammino sinodale, in una società altrettanto “liquida” – prendendo a prestito l’aggettivo usato dal sociologo Zygmunt Bauman –  instabile, in perenne movimento, con precarietà incombenti e non solo economiche, che contribuiscono alla disgregazione dei valori sui quali è edificata la nostra civiltà occidentale. Tuttavia Bauman riconosce, per fortuna, un “principio speranza” cioè la possibilità di un recupero, grazie all’impegno di persone intelligenti e sensibili. Ecco la scelta del Conclave è stata così. Un risultato davvero straordinario e in così poco tempo!

Una figura come Papa Prevost, che incarna la convivenza in sè di Scienza e Fede: dagli studi (matematica e teologia), alla formazione agostiniana (Credo per capire, capisco per credere), fino alla trentennale esperienza missionaria, deve essere apparsa ai Cardinali elettori come una manifesta indicazione dello Spirito Santo. Una sintonia di fedele partecipazione al mistero del cammino della Chiesa nel mezzo della Storia degli uomini.

Leone XIV appare, per il suo raro mostrarsi, uomo “risolto” senza smanie di protagonismi e, fatto che viene prima di tutto, ha già inserito nei suoi interventi il riscoprire e cercare Gesù non rincorrendo altro. Una persona che parla di pace, ponti, disarmare, anche le parole, che evoca una nuova emergenza, nel mondo del lavoro, da affrontare e governare senza drammatiche ricadute sulla società -l’avvento dell’intelligenza artificiale – ma che è capace di coniugare Scienza e Fede proprio in virtù della sua appartenenza all’Ordine agostiniano, il Dottore della Chiesa più scienziato di tutti, per il quale la Fede è il punto di partenza, ma la Ragione aiuta a comprendere la verità, senza opporsi a vicenda, ma illuminandosi l’un l’altro. Sant’Agostino inoltre ha saputo intuire l’importanza e la relatività del tempo nella Storia, dove il passato è memoria, il presente è azione e il futuro è tutto da costruire.

È  questa, in fondo, la ricchezza e la fede che hanno ispirato l’elezione del Papa. Una sinodalità quasi plebiscitaria che evidentemente converge sulla necessità di recuperare i pilastri di una “struttura” sicuramente più adatta alla società presente, ma consapevole del futuro incombente.

Riscoprire l’importanza e l’autorevolezza dei  valori fondamentali di una Chiesa che non nasconde il suo passato, non esula dalla sua missione, ma si riappropria della sua forza, della sua voce e della sua Fede per un cattolicesimo contemporaneo.

Da troppo tempo ormai le voci cattoliche vengono zittite, svalutate, tacciate di arretratezza, sovrastate da altre voci, a volte sguaiate e sicuramente disgreganti, che hanno prodotto divisioni e indebolito il valore della Fede e della Dottrina Cattolica. E forse è proprio sul ritrovare il senso di comunità, di unione, per superare le divisioni, trovare punti di incontro, che il Magistero di Leone XIV dovrà esprimersi. Creare ponti tra passato e futuro, tra Scienza e Fede, da società “liquida” a comunità consapevole di limiti e valori, una Chiesa  dalle molte voci, ma fondate sugli stessi princìpi,  per compiere insieme quel viaggio verso “la Città di Dio” a cui sono destinati tutti coloro che rinunciano alla “Città degli uomini”, dove si vive solo per sé e per il potere. Come Sant’Agostino insegna.

di Mira Carpineta

immagine: Il Buon Pastore – Arte Bizantina – Mausoleo di Galla Placidia in Ravenna