CIRSU IN BILICO

rifiuti  cirsu teramoSì, no, forse: voci di corridoio si rincorrono sul possibile fallimento del CIRSU, la società che gestisce i rifiuti dei comuni di Giulianova, Roseto, Mosciano, Notaresco, Bellante e Morrod’Oro. Il presidente Andrea Ziruolo si è dimesso, perché “stanco di essere il parafulmine di un sistema che, così come impostato, non può funzionare e che credevo di poter contribuire a cambiare”.

Nell’area del teramano sussistono quattro consorzi di tal guisa per una provincia di dimensioni più familiari che europee. Il sindaco di Roseto, Enio Pavone, ha chiesto ed ottenuto dal consiglio comunale una risoluzione che ha votato la richiesta di fallimento del CIRSU stesso. Non sono mancate le solite beghe giudiziarie: si sa come il 13 giugno il Tar – in ordine ad un ricorso presentato da Deco Spa che ha accusato Cirsu di non aver indetto una regolare gara ad evidenza pubblica per l’affidamento dei lavori iniziali – abbia sospeso l’iter per la nuova discarica di Grasciano per il mancato rispetto delle modalità di affidamento di lavori pubblici di cui al D.Lgs. 163/2006; il Consiglio di Stato ha invece ribaltato il precedente ordine, dando di fatto il via libera all’opera. Tuttavia ad oggi c’è ancora una inchiesta della Procura di Teramo sullo sversamento di rifiuti liquidi nel Tordino, per la quale il pm avrebbe citato a giudizio l’ex presidente di Sogesa, Gabriele Di Pietro ed Andrea Ziruolo, il quale ha dichiarato di non sapere nulla della citazione riservandosi querele: “L’indagine a cui si fa riferimento era precedente al conferimento del mio incarico, l’impianto di Grasciano non genera più inquinamento da quando siamo riusciti a sostituirci a chi lo gestiva e dell’impianto inquinante Cirsu è il proprietario e non il gestore”. Il CIRSU vanta crediti nei confronti dei Comuni soci per un totale di più di cinque milioni di euro. Il bilancio 2011, non approvato, si è chiuso con gravi perdite. I debiti del Consorzio ammontano in tutto a poco meno di quattro milioni di euro, con un capitale sociale di 120mila euro. Eppure i cittadini i tributi li pagano eccome: la tariffa richiesta dal Cirsu per ogni tonnellata di rifiuti conferiti dai 6 Comuni consorziati in pochi anni è passata da 55 a 220 euro. A questo punto o si fallisce o si ricapitalizza. L’idea del concordato preventivo è da scartare: è appena il caso di ricordare che esso è una procedura concorsuale attraverso la quale l’imprenditore ricerca un accordo con i suoi creditori per non essere dichiarato fallito, o comunque per tentare di superare la crisi in cui versa l’impresa. Dopo un eventuale concordato, la cancrena politica che tutto infesta, sarà capace di uscire dal dramma (economico) in cui versa la società? Se da un lato si ha paura del fallimento, si potrebbe allora ricapitalizzare, ma i comuni hanno già messo le mani avanti, affermando subito che “non ci sono i fondi”. Altri hanno affermato che sarebbe opportuno cedere parte delle azioni ad altri soci, ottenendo così ‘denaro fresco’con cui poter ricapitalizzare, ma chi comprerebbe anche solo una parte di un’impresa così disastrata?