RENZI ALLA PROVA DEI FATTI

lettarenziSolo dai risultati il giudizio sulla sfida del governo più giovane della nostra storia

Sono forse tre i principali motivi per cui Matteo Renzi ha impresso la brusca accelerazione che ha portato alla formazione del secondo governo di questa complicata legislatura. La prima perché il ruolo di segretario del PD non gli consentiva di agire politicamente in modo immediatamente incisivo, anche in vista del prossimo appuntamento elettorale, le europee del 25 maggio.

La seconda per potere gestire in prima persona il semestre europeo. La terza per intercettare quell’ipotesi di ripresa ciclica che sembra profilarsi pur nell’arco di una persistente stagnazione. Alle Camere il più giovane presidente del Consiglio della storia italiana ha enunciato, con tono del tutto informale e molto giocando sul suo collocarsi dentro, ma fuori delle istituzioni, un programma assai ambizioso, dal punto di vista economico-sociale e istituzionale. E’ un programma di legislatura, da realizzare con una doppia maggioranza, politica con le varie realtà centriste, fino al Nuovo Centro Destra, costituente, con Forza Italia e scommettendo anche sull’erosione parlamentare del Movimento Cinquestelle. Il governo, anch’esso assai giovane e per la prima volta con assoluta parità di genere (tra i ministri ma non tra i sottosegretari) non si discosta nelle grandi linee dal precedente, salvo appunto la personalità del presidente. La prima scadenza politica è imminente. Lo stesso Grillo ha lanciato la sfida elettorale per il 25 maggio, con l’obiettivo di avere un voto in più del PD. Il Parlamento europeo continua ad avere una configurazione bizzarra: i 751 deputati sono infatti eletti con criteri e secondo un’offerta politica diversa nei 28 stati dell’Unione. Ma le prossime elezioni in tutta Europa sembrano proprio profilarsi come una serrata competizione tra i partiti di governo tradizionali e i movimenti a vario titolo di opposizione sistemica o di protesta, che sono etichettati, non senza approssimazione, come “populisti” o di “antipolitica”. In realtà lo stesso Renzi, così come Berlusconi, utilizza elementi “populisti” o di “antipolitica”. E’ ovvio, perché da qualche anno ci troviamo impantanati. Vale per l’Europa, ma vale in particolare per i Paesi dell’Unione più deboli e fragili, dal punto di vista del sistema politico, economico ed istituzionale. E tra questi l’Italia primeggia. Questa situazione comporta un circolo vizioso: è molto difficile programmare interventi sistemici, le politiche di ristrutturazione economica, di riforma degli apparati amministrativi che si devono riposizionare, gli adeguamenti istituzionali e metterli in opera con coerenza. Di fronte a questa difficoltà, crescente, si tenta di rispondere introducendo elementi di verticalizzazione e di accelerazione. Così abbiamo consumato in fretta, in questi anni, tante energie, tante personalità, tante promesse, tante passioni.

In realtà allora, come ha detto con grande franchezza presentandosi alle Camere, sui fatti e solo sui fatti, cioè sui risultati, si potrà giudicare il governo Renzi e la coraggiosa sfida che ha assunto con determinazione.

di Francesco Bonini – politologo