Paolo Gatti: “Resistenza all’Apocalisse”

Paolo Gatti assessore regionale Tra i più giovani politici abruzzesi, e teramani in particolare, l’Assessore regionale Paolo Gatti ha già al suo attivo una discreta esperienza nella Pubblica Amministrazione, dagli scranni del Comune di Teramo al Consiglio Regionale, dove oggi si occupa, con energia e partecipazione tangibili, delle tematiche legate al lavoro e alla formazione. Qual è l’ attuale

situazione del lavoro e della disoccupazione in Abruzzo? Nel 2009 la disoccupazione era superiore al 9%, veleggiava verso il 10. Adesso è al 7,9. Un dato ancora alto, ma in linea con il dato nazionale. Le politiche che abbiamo messo in atto sembrano aver dato dei frutti, ma non è certo il momento di cantare vittoria. Stiamo facendo una “resistenza attiva” all’apocalisse che ci è piombata addosso, cioè il momento economico più diffi cile degli ultimi 70 anni. Le nostre politiche da sole non possono risolvere tutti i problemi dell’Abruzzo mentre il mondo sta andando a rotoli. Cerchiamo di fare quello possiamo. Ammortizzatori sociali a pioggia che qualcuno ha definito “assistenziali”. È una politica a mio parere doverosa. Se non avessimo ottenuto tutti i fondi che abbiamo ottenuto: 230 milioni di euro da amministrare nel lavoro, oggi avremmo circa 40.000 abruzzesi senza alcun fondo di sostegno al reddito. …questo per i lavoratori, anche se i sindacati, e la Cgil in particolare, sono molto catastrofisti sui dati reali degli occupati e dei disoccupati. La Cgil ha sempre condiviso tutte le politiche che abbiamo adottato, sia attive che passive, dai progetti Lavorare in Abruzzo1 e 2, alla programmazione del fondo strutturale. Ma direi che tutti i sindacati sono stati collaborativi, a dispetto di ciò che viene riportato dai giornali. Non è di grande aiuto sfogliare il libro dell’apocalisse quotidianamente sulla stampa, siamo già tutti abbastanza preoccupati. E per le imprese? Molto è stato fatto anche sul tessuto imprenditoriale. Penso ai poli di innovazione, agli incentivi di “lavorare in Abruzzo 1 e 2” per assumere, alla formazione continua. Sono state stanziate cifre importanti per la formazione nelle imprese medie e grandi. Qualcuno potrebbe obiettare di non aver pensato anche alle piccole (imprese). La Regione ha individuato le medie e grandi perché producono a loro volta un indotto che fa lavorare anche le piccole, poi sono le province, che con le risorse regionali a loro assegnate devono gestire la formazione di queste ultime. I dati? Sulle attività in Abruzzo dal 2009 al secondo trimestre 2011 sono reperibili attraverso le camere di Commercio. In provincia di Teramo, p.es. il saldo è positivo anche in Val Vibrata. Ci sono più imprese adesso, che nel 2009, circa 37.000 contro le 36000 del 2009. Ovviamente va valutata anche la qualità delle imprese, se chiude un impresa manifatturiera che occupa 50 persone e apre un bar non può essere la stessa cosa. Ma non era immaginabile un saldo attivo dopo un biennio del genere. In realtà, noi stiamo resistendo e naturalmente siamo vincolati allo scenario globale. Nessuno avrebbe potuto immaginare che avremmo visto l’America rischiare il default e la situazione della Grecia, il pensiero dei problemi dell’Abruzzo rientrano in un macro scenario più complesso. Riguardo ai tagli sulla Pubblica Amministrazione, qual è la sua posizione? Io sono per l’abolizione delle Province da sempre. Intanto perché in nessun paese occidentale esistono 3 livelli di governo, oltre quello statale. E vanno abolite per un discorso di costi del personale. Ovviamente non dal giorno dopo, ma dopo aver ricollocato il personale fino ad esaurimento delle carriere lavorative. I comuni soffrono per i minori trasferimenti dallo stato e dalle regione. Fare l’amministratore oggi è certamente più diffi cile di quanto sia stato nel passato: 15-20 anni fa doveva solo dividere le risorse, oggi devono fare delle scelte e tra 10 bisogni, finanziarne uno solo. Siamo costretti a dire tanti no. Negli anni 80-90 si è scialato parecchio. Alla Regione, fino all’insediamento di questa giunta, avevano totalizzato 4 miliardi di euro di debiti e ogni anno contraevano un mutuo: quando sono stati più bravi, 200 milioni, negli anni in cui erano più famelici 400 milioni di euro di mutuo per dare tutto a tutti. Facile fare l’assessore regionale così. Chi arriva dopo trova solo il baratro del debito. Si, ma questo può essere un discorso vecchio. Tutti i governi dicono di aver ereditato lo sfascio dal precedente. No. Dai primi anni 90 fi no all’arrivo del Pdl, tutti i governi regionali, di destra, di centro e di sinistra, senza nessuna distinzione politica, hanno usato la leva del debito, ma per fare cosa? Noi siamo stati i primi a non fare più debiti. Non si può. Prima c’era una chiesa da rimettere a posto? Ecco. Strada da rifare? Fatto. Associazioni culturali, sagre, tutto per tutti, attraverso il ricorso ai mutui, oltre al bilancio regionale. Noi non possiamo farlo. E in più dobbiamo tagliare. Sempre a proposito di tagli, qual è la situazione dell’ università di Teramo e i paventati accorpamenti delle Università abruzzesi? Le Università sono autonome. La Regione lo scorso anno ha finanziato le Università abruzzesi con 8 milioni di euro per progetti di alta formazione e quella di Teramo in particolare per 1 milione e 700.000 euro circa. Tuttavia, in un momento di grandi cambiamenti penso che anche le università debbano cambiare, pur nel rispetto delle loro autonomie. Devono interrogarsi sul loro presente e sul loro futuro. Non c’è nulla di immutabile. Non comprendo per quale motivo non possiamo presentarci sul mercato dell’offerta dell’alta formazione, come l’Università dell’Abruzzo, perché oggi uno studente, la sua famiglia, non sceglie soltanto un corso di laurea, ma un pacchetto complessivo. Noi abbiamo delle buone facoltà in regione, in alcuni casi anche ottime. Veterinaria, a Teramo, è una delle migliori 4 in Italia, così come Giurisprudenza. Mi piacerebbe che in un momento di grande cambiamento, il mondo universitario fosse in grado di comprendere che anche loro possono fare di più, meglio, magari rinunciando a corsi superflui e formando invece competenze al passo con le esigenze del mondo attuale In un percorso di studi e formazione bisogna guardare quello che c’è sul mercato. Sapendo che alla fine quello che determina la fortuna o sfortuna sul mercato del lavoro, è il bagaglio di competenze. Qualsiasi imprenditore, ammesso che ce ne siano di disposti ad assumere, non è interessato al titolo di diploma o di laurea. La domanda che si pone è: che cosa sai fare? C’è da aggiungere che già dalle medie, molti ragazzi e molte famiglie sbagliano nella scelta degli studi. E quell’errore si ripercuoterà su tutta la vita. Oggi c’è troppa licealizzazione. Dati enormi sui licei e tra i più bassi d’Italia per gli istituti tecnici e professionali, perché consideriamo degradante per i nostri figli la scuola professionale. Non può funzionare un Paese in cui il 60% dei ragazzi sceglie i licei, magari pensando che un giorno l’obiettivo da raggiungere sia una scrivania in un ente pubblico, che non ci sarà più quando si laureeranno. Stiamo elaborando un progetto di orientamento alle scelte formative fi n dalle scuole medie, per cercare di evitare il percorso delle illusioni. Infine, a proposito della scena politica, cosa succederà secondo lei? Non si sa se si farà il congresso del Pdl e le elezioni non sono mai un evento traumatico, a mio parere, ma sempre un’opportunità. Quello che mi interessa e che quando si voterà si possano confrontare due progetti politici, due idee serie, su come questo Paese possa proiettarsi nel futuro. Cosa che nelle ultime campagne elettorali non è stato. Quelle che io ricordo sono state tutte giocate sugli slogan. Abbiamo bisogno di ritrovare la politica. L’antipolitica montante che c’è adesso ha senso e serve a qualcosa solo se ci fa ritrovare la politica, non per radere tutto al suolo… Ritrovare la politica significa ritrovare un progetto, un’idea di questo paese, di quelle che sono le sue vocazioni, le opportunità per quelle persone che oggi hanno 10-15 anni, che devono entrare nel mondo del lavoro, costruire famiglie oppure emigrare all’estero. Io mi auguro che quando si andrà alle elezioni ci siano dei progetti politici validi. Quali sono i suoi? Io sono un politico piccolo, di campagna, cerco di fare del mio meglio, con le mie capacità e i miei limiti. Cerco di essere degno della fi ducia di chi mi ha votato.