POLITICA LOCALE TRA FEUDI, CIVITAS E IGNORANTIA

A raccogliere l’invito evangelico del “crescete e moltiplicatevi” sembrano essere rimasti solo i debiti degli Stati e la giungla delle varie burocrazie.

All’indomani della pandemia Covid, quando il continente europeo si è ritrovato a dover “raccogliere i cocci” di un’economia devastata, non solo dal morbo, ma da annose e scellerate politiche economiche miopi e anacronistiche, nella mente e nelle intenzioni dei pubblici decisori si fece strada il progetto di “ ripresa e resilienza” che abbiamo ben imparato a conoscere in questi ultimi anni.

Si sa, tuttavia che la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni e 80 anni di pace, dedicati solo ed esclusivamente al Mercato più che alla crescita culturale delle società, hanno prodotto una classe dirigente poco consapevole della realtà in cui vive chi ogni giorno deve farci i conti, in tutti i sensi.

La “sveglia” suonata dall’emergenza pandemica e poi dalle guerre, in Ukraina prima e Israele poi, ne ha colto molti impreparati e con reazioni istintive alla “si salvi chi può. In questo contesto di confusione e di mancanza di strumenti di lettura e comprensione dei fenomeni, le parole di buon senso di qualche raro essere senziente, come Mario Draghi ad
esempio, dapprima sono state accolte come l’acqua fresca e salvifica dopo la traversata del deserto, poi, passando i giorni e gli anni, a quel suo “whatever it takes” hanno fatto seguito gli insofferenti sguardi agli orologi di chi non riusciva più neanche ad ascoltare, figuriamoci capire. Ciononostante, nelle intenzioni dei decisori pubblici, ci sarà stato sicuramente l’intento di ri-costruire quanto andato distrutto. Ma tra il dire e il fare…

Il PNRR, la sigla che racchiude lo sforzo politico di rimettere in piedi economia e società, è lo strumento creato, inventato, costruito, per realizzare questo mitologico obiettivo. Uno strumento che per l’Italia ha un valore di 194,4 miliardi di euro e per l’Europa intera di oltre 700 miliardi.

La varia umanità che compone appunto il mondo decisionale pubblico è formato da due specie distinte: gli ideatori, che sono prevalentemente il mondo politico, e gli attuatori ovvero gli “ingegneri, i muratori, i carpentieri”, i tecnici insomma che devono mettere “a terra” il progetto. Ebbene la seconda specie è la Burocrazia, quella con la B maiuscola e armata di norme, regolamenti, leggi, cavilli vari ed eventuali, che spesso più che costruire o risolvere, aggiunge problemi a quelli già esistenti.

L’impianto burocratico è materiale, reale, fisico. E con il decentramento amministrativo e legislativo, che nel nostro Paese è costituito da Enti subalterni allo Stato, ma ugualmente determinanti, come Regioni, Province, Comuni, questo Leviatano “cresce e si moltiplica” sempre di più. Nonostante ogni campagna elettorale abbia sempre qualche candidato pronto a promettere di sfrondare la giungla.

Ciò che secondo il Titolo V della Costituzione e successive modifiche, doveva essere proprio lo strumento per snellire i procedimenti delegandoli ai territori, secondo le rispettive esigenze e peculiarità, non è riuscito nell’intento, o almeno non ancora.

Quelle strutture territoriali che dovevano garantire le risposte più consone ai bisogni delle comunità, hanno a disposizione persone preparate e strumenti adatti a questo compito?

Tornando al PNRR e alla incredibile mole di risorse a disposizione, l’impreparazione delle persone preposte e la carenza di strumenti necessari per lo svolgimento delle pratiche previste, molto spesso fanno inceppare la macchina. Ciò che era ed è una importantissima risorsa, secondo alcune inchieste di Panorama, ad esempio, si è tradotto in uno spreco notevole, disperso in mille rivoli di spesa, senza alcuna parvenza di buon senso: campi da padel, recupero di microscopici borghi abitati da poche decine di persone, campi da bocce, e ancora, sindaci ecologisti come quelli di Milano e Firenze che hanno perso milioni di finanziamenti per la piantumazione di aree pubbliche, perché non sono riusciti a trovare siti adatti allo scopo. Poi c’è anche qualche cittadina di provincia (più o meno dismesse) in cui pur di intercettare i fondi hanno realizzato ciclabili sulla principale via d’accesso alla città riducendo talmente tanto la carreggiata che un’ambulanza in emergenza è stata costretta ad invadere la corsia opposta per passare. Oppure di decine di palazzine comunali di edilizia popolare, evacuate dal sisma del 2016, in cui gli assegnatari ancora attendono di rientrare, e per le quali gli amministratori non hanno neanche tentato di accedere al superbonus, forse l’unico caso in cui quella famigerata misura avrebbe avuto un senso, quantomeno più etico.

Alla luce di tutto ciò gli appelli accorati del ministro Giorgetti all’attenzione agli sprechi “intollerabili”, vista l’importanza che il Piano rappresenta per la crescita dell’economia del Paese, sembrano arrivare un pò in ritardo.
E mi fermo qui per non “moltiplicare” anche le gastriti.

 

Mira Carpineta

immagine: Adam Niklewicz Illustrazione