Iceberg Celiachia

Iceberg CeliachiaLa celiachia ha rappresentato negli ultimi anni la patologia che più di ogni altra è stata oggetto di un enorme incremento di interesse, ricerca, diagnosi,  conoscenza medica e impatto sociale. Il cambiamento dei dati epidemiologici ci aiuta a capire quanto sia rilevante questa problematica se si pensa che la  celiachia, nelle varie popolazioni, solo dieci anni fa veniva individuata raramente (circa un caso ogni 10000), mentre oggi ha una prevalenza attorno all’1% e che,  solo in Italia, vengono diagnosticati più di 20.000 pazienti/anno. Quello che ancora oggi viene definito

“ICEBERG CELIACO” non è altro che l’evidenza  consolidata negli anni, grazie alla aumentata sensibilità diagnostica, di come vengano oggi scoperti nuovi casi con varia espressività clinica e sintomatologia  subdola o atipica e di come, sotto la superficie del mare, nella parte sommersa dell’iceberg, ci sia ancora molto da scoprire visto che tutt’oggi mancano  all’appello 7-8 diagnosi su 10. Il perché di tale “boom” di diagnosi ha trovato negli anni alcune certezze ad alcune verosimili ipotesi. Le certezze riguardano il  fatto che la celiachia ha una rilevante componente genetica con le caratteristiche della multifattorialità; importante è la presenza o meno di un fattore  geneticamente rappresentato (una particolare associazione del sistema HLA), che determina la suscettibilità alla malattia e spiega in parte (40-50%) l’ereditarietà; oltre all’HLA negli ultimi anni sono stati individuati numerosi geni ed altri ne verranno sicuramente scoperti, capaci di concorrere al determinismo  della malattia. Nel soggetto geneticamente predisposto l’attore principale, la causa dell’innesco della patologia, è il glutine; proteina presente nel frumento,  nell’orzo e nella segale. Affascinanti ricerche documentano come il grano, la cui coltivazione è iniziata già nel 5000 A.C. nella cosiddetta semiluna fertile, territorio del medio oriente, abbia subito nei secoli ripetute modifi cazioni genetiche tanto da farlo diventare quello che oggi viene defi nito “un mostro genetico”. Tali modifi cazioni, associate alle mutate modalità di panifi cazione, hanno prodotto negli individui una sempre più manifesta difficoltà alla digestione degli   alimenti che lo contengono, presente anche in soggetti che risultano non essere affetti da celiachia. Come e quando sospettare la celiachia? Se qualche anno fa le diagnosi riguardavano solo i casi cosiddetti tipici, ovvero gravati da segni dell’interessamento intestinale, quali dolori addominali, disturbi dispeptici, vomito,  diarrea o segni di malassorbimento intestinale (arresto della crescita in primis), oggi la diagnosi di celiachia tipica riguarda 1 caso ogni 4/5 e, nella maggior parte delle diagnosi, si giunge al sospetto clinico partendo da situazioni cliniche cosiddette “atipiche”, spesso senza alcuna correlazione con la sintomatologia  intestinale. Anche l’esordio dei sintomi, un tempo riferito alla sola età pediatrica, è oggi molto variabile, in quanto la fase di latenza clinica ha determinato un  progressivo ritardo dell’espressività sintomatologica. La presentazione clinica, spesso subdola, ha inoltre prodotto un ritardo diagnostico, qualche volta tuttavia ingiustifi cato. Il ventaglio sintomatologico è talmente ampio che qualsiasi medico specialista può, nel suo ambito di competenza, sospettare tale patologia. Oltre  alla sintomatologia subdola addominale, quale ad esempio la ricorrenza di dolori addominali o addirittura la stipsi cronica, le manifestazioni cliniche statisticamente più frequenti sono la bassa statura, l’anemia da carenza di ferro, di vitamina B12 o di folati, la ricorrenza di stomatite aftosa, le alterazioni dello  smalto dentario, ma anche disturbi riguardanti la sfera psico-comportamentale, quali depressione, instabilità emotiva, stanchezza cronica. Nei giovani adulti il  riscontro di osteoporosi deve far sospettare la celiachia, così come l’abortività ripetuta o la tendenza ad espletare il parto prematuramente. Anche i disturbi  neurologici quali l’atassia, forme particolari di epilessia, cefalea, disturbi dell’apprendimento e dell’attenzione sono stati messi in relazione alla celiachia. È stata  sospettata anche la correlazione con l’autismo, ma a tal riguardo non ci sono evidenze a conferma. Esistono poi condizioni cliniche che incidono più  frequentemente nel celiaco, quali, ad esempio, il diabete insulino dipendente, la tiroidite autoimmune, l’ipertransaminasemia isolata, l’epatite autoimmune, la  cirrosi biliare primitiva e la colangite sclerosante. Come si perviene alla diagnosi di celiachia? Sicuramente l’aumento dei casi è coinciso oltre che con l’aumento  delle conoscenze con l’identificazione di semplici test ematici anticorpali, che sono divenuti sempre più semplici e in grado di evidenziare il problema in una  altissima percentuale di casi, con una predittività crescente che si spera possa consentire, in un futuro prossimo, l’eliminazione dell’ultimo passaggio diagnostico,  a tutt’oggi ancora indispensabile e sicuramente più invasivo, qual è la biopsia duodeno-digiunale, necessaria alla certezza della diagnosi, ancor più in casi  complessi e difficili che, con l’aumentare delle  conoscenze, sono venuti a galla. Una volta posta la diagnosi può iniziare il trattamento della celiachia, che consistenell’eliminazione totale e continua del glutine dalla dieta che a tutt’oggi resta l’unico presidio terapeutico effi cace, nonostante siano in corso  sperimentazioni scientifi che promettenti. Rispetto agli anni scorsi la dieta aglutinata è stata semplificata dalla imponente crescita di offerta di prodotti senza  glutine e, soprattutto, dall’informazione capillare messa in atto dall’Associazione italiana celiachia (AIC), in grado di fornire notizie, prontuari sugli alimenti del  commercio sicuri ma anche indirizzi di ristoranti, gelaterie, rivendite specializzate, presenti ormai in ogni angolo del mondo occidentale. Il supporto di centri  medici specializzati localizzati in varie sedi della nostra regione, oltre all’ offerta diagnostica, ha anche consentito un attento monitoraggio della bontà delle  misure dietetiche adottate, la possibilità di evidenziare diagnosi a volte complesse e la valutazione attenta e tempestiva delle patologie correlate e delle  complicanze.