PAOLA SACCOMANDI: Il MEDICO INGEGNERE CHE CURA I TUMORI CON IL LASER

Intervista alla giovane ricercatrice di Alba Adriatica vincitrice del finanziamento europeo per giovani ricercatori ERC

Da Alba Adriatica a Strasburgo.  Vuole raccontare come è iniziata la sua esperienza? Dopo i miei studi al Liceo Scientifico Marie Curie di Giulianova, mi sono trasferita a Roma, all’Università Campus Bio-Medico di Roma. Lì ho scelto di studiare Ingegneria Biomedica, perché era la disciplina che integrava il mio interesse per la matematica, la fisica e la medicina. Qui ho conseguito la laurea e il dottorato di ricerca, muovendo i primi passi nelle stesse tematiche che interessano il progetto europeo che coordinerò al Politecnico di Milano. Infatti, nel 2010, il Dott. Francesco Maria Di Matteo, oggi responsabile UOS di Endoscopia Digestiva Operativa del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, stava studiando una nuova terapia per il tumore al pancreas. Utilizzava un ago sottilissimo nell’endoscopio per portare un fascio laser nel tumore,  per “bruciarlo” in maniera precisa, senza chirurgia. Questa tecnica di chiama ablazione laser. Naturalmente, mi sono appassionata a questo tema durante la mia tesi di laurea, proseguendo anche durante il mio dottorato, svolto in parte anche a Francoforte. Negli anni ho studiato ed implementato soluzioni ingegneristiche per l’ottimizzazione della tecnica ablativa, lavorando al fianco del mio caro amico e collega Emiliano Schena, oggi professore alla Facoltà Dipartimentale di Ingegneria del Campus. Nel 2016 mi sono trasferita a Strasburgo per continuare a studiare alcuni aspetti legati al monitoraggio della terapia in tempo reale, grazie all’utilizzo dei sistemi di diagnostica per immagini (Risonanza, TAC).

La sua specializzazione è Ingegneria Biomedica. Vuole spiegarci  di cosa si tratta? . L’ingegneria Biomedica è una branca dell’ingegneria che utilizza le conoscenze e le tecnologie proprie dell’ingegneria e delle varie scienze applicate per descrivere, comprendere e apportare soluzioni in ambito medico. Infatti, le nuove frontiere della medicina sono raggiungibili grazie alla robotica, l’ottica, le nanotecnologie, l’informatica, e a tutte le altre discipline tecniche che aprono scenari sempre nuovi alla diagnosi e alla terapia di molte patologie.

Oggi la medicina ha raggiunto notevoli traguardi nella cura delle malattie oncologiche, pure ancora molto rimane da fare perché spesso le cure sono ancora molto invasive ( ne ho avuto esperienza diretta in famiglia ndr). In cosa consiste la sua ricerca e in quali ambiti apporterebbe vantaggi ai pazienti?   Ha ragione, molti passi in avanti sono stati fatti, ma, purtroppo, il cammino è ancora lungo. Il mio lavoro consiste nell’ottimizzare una tecnica minimamente invasiva per il trattamento di alcuni tumori, l’ablazione laser. Una sottilissima fibra ottica porta un fascio laser nel tumore,  che viene “bruciato” in maniera molto precisa, senza danneggiare gli altri tessuti sani circostanti. Per ottimizzare questa tecnica, io ed i miei colleghi studieremo l’utilizzo di piccole particelle (nanoparticelle) in grado di aumentare l’effetto terapeutico del laser nel tumore. Inoltre, realizzeremo un sistema computerizzato di monitoraggio del trattamento in tempo reale. La ricerca si rivolgerà soprattutto al tumore pancreatico, ma la tecnica sarà poi utilizzabile per il trattamento di molti altri tumori. L’obbiettivo è che, tra 5 anni, i pazienti potranno usufruire di una nuova terapia mini-invasiva potenzialmente alternativa alla chirurgia, che, purtroppo, nel caso del tumore al pancreas, è ancora l’unica soluzione, sebbene applicabile solo al 20% dei casi diagnosticati.

Anche la diagnostica, secondo lei, diventerà meno invasiva (penso alle tecniche chirurgiche o esplorative come biopsie o le più comuni gastroscopie, colonscopie ecc)?  Sì, sicuramente anche in ambito diagnostico si sta facendo molto per diminuire l’invasività. Ad esempio, nell’ istituto francese in cui lavoro ora, si utilizza un piccolissimo “microscopio a fibra ottica” che si può inserire nell’endoscopio, e che fornisce in tempo reale un’istologia dei tessuti esplorati. Anche il potenziamento dei classici sistemi di radiologia per immagini, come l’ecografia, o la risonanza magnetica, sta avendo un ruolo importante nella diagnostica non invasiva.

Lei si sente un “cervello in fuga” o invece una persona che ha ricevuto il giusto riconoscimento di un merito, vincendo questo concorso? No, io non mi sono mai sentita un cervello in fuga, anche quando non sapevo se sarei mai ritornata in Italia. Riconosco di aver avuto la possibilità di imparare molto e di sviluppare una mia autonomia nei vari luoghi in cui ho studiato e lavorato, sebbene con tutte difficoltà del caso (adattarsi ad una nuova cultura, nuova lingua, nuovi colleghi, allontanarsi dalla famiglia). Naturalmente, sono onorata di aver vinto il finanziamento del Consiglio Europeo della Ricerca. Si tratta di un riconoscimento molto ambito, in cui i progetti dei migliori giovani ricercatori d’Europa sono valutati da una commissione di esperti internazionali. Non lo definirei “giusto riconoscimento di un merito”, bensì il pregevole risultato di anni di lavoro in un ambito in cui c’è ancora molto da fare.

Cosa si sente di dire ai giovani che come lei vorrebbero dedicarsi alla ricerca? E’ una domanda difficile per me che sono una giovane ricercatrice, ma voglio condividere ciò che ho vissuto io in prima persona, e i miei giovani colleghi intorno a me. Siate appassionati, pronti a spostarvi in tutto il mondo, a vivere ogni novità come un’opportunità: opportunità di imparare cose nuove, di interfacciarsi con professionisti  di altre discipline. La ricerca si nutre di interdisciplinarità e di collaborazione. Siate pronti a gioire quando la vostra idea produce dei buoni risultati, ma siate anche pronti a sopportare la frustrazione di quando gli esperimenti vanno male, quando voi non avete avuto l’idea migliore, e quando dovete lavorare a Natale o a Ferragosto a causa della deadline di una conferenza o di un progetto (e nessuno ti paga per lo straordinario!). Informatevi bene sul laboratorio e sul gruppo di ricerca in cui inizierete il vostro percorso nella ricerca (con un dottorato, ad esempio), perché è proprio lì che costruirete le basi per il vostro futuro.

Cosa porterà  con sé della sua terra, della sua casa, in questo nuovo prestigioso incarico? Porto il sostegno e l’affetto incondizionato della mia famiglia e dei miei amici, e sicuramente il desiderio “segreto” di ritornare, un giorno.

 

Note:

  • Paola Saccomandi è nata ad Alba Adriatica,  31 anni
  • Laurea e dottorato di ricerca in Ingegneria Biomedica
  • Da 2 anni ricercatrice a Strasburgo presso l’Istituto di Chirurgia Mini-invasiva guidata per immagini
  • Vincitrice del finanziamento europeo per giovani ricercatori (Consiglio Europeo della Ricerca, ERC starting grant), che nel 2017 ha finanziato 406 ricercatori in tutta Europa (https://erc.europa.eu/news/erc-2017-starting-grants-results), e del finanziamento di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo per incentivare la ricerca nella regione
  • la ricerca si basa su studi riguardanti i tumori e le tecniche di trattamento minimamente invasive
  • La ricerca finanziata si svolgerà al Politecnico di Milano

 

intervista raccolta da Mira Carpineta