Teramo che fu: Antica Cattedrale

Chiesa di Sant'Anna a TeramoUna provincia nobilitata dal tempo di cui è carica, dagli affetti e gli sguardi indagatori di illustri  innamorati, come ad esempio: Mario Pomilio, Carlo Emilio Gadda, Laudomia Bonanni. La fantasia di ritrovare l’ambiente teramano dal quale essi furono attratti, ora rappresenta una facile seduzione. Dopo la sosta al caffè, saggiando il gusto della “Belle Époque ” lungo Corso Cerulli, va da sé che si affianchi via dell’Antica  Cattedrale. Il vicolo pieno d’ombra si

slarga su una piazzetta appartata. Coccolata dalle case che la incartano. Dispiace la magagna dei parcheggi autoritari e autorevoli. C’è un crogiolo di musei in una piazza dove è stata riportata alla luce la primitiva cattedrale di Santa Maria Aprutiensis. La pianta è rettangolare, con abside centrale. Lo spazio, ripartito da tre navate è affiancato da due ambienti laterali. Si mantenne in uso fi no al 1155, quando fu completamente distrutta dalle truppe normanne di Roberto di Loretello. Dal nefasto incendio si salvarono la torre, realizzata a difesa dell’intera area sacra (tuttora “torre bruciata”) e la chiesetta di S. Anna. Infatti, la cima isolata trionfa sul retro dell’edificio di culto che si elevò sulle vestigia di una domus e fu originariamente dedicato al martire San Getulio. Il piccolo sacrario era annesso alla vetusta  cattedrale. Per volere della famiglia Pompetti, durante la seconda metà del Settecento, furono apportate delle modifiche alla struttura. Anche il nome mutò e fu così che divenne Sant’Anna dei Pompetti. L’attuale soglia d’accesso alla chiesa si affaccia sul lastricato e sfrutta il passaggio che un tempo portava sull’orto dei Pompetti. Questa scelta si concretizzò all’indomani di un restauro, il quale pose in secondo piano l’entrata principale della chiesa, ubicata sulla parete orientale, sotto l’arco e gli affreschi bizantini. L’attimo dei paesaggi trascorsi, si deposita dentro i cuori mentre ognuno ritaglia uno scorcio, una scena personale sul largo di S. Anna. Alcuni immaginano di sedere in un’agorà; più spontaneamente però, il piazzale diventa salotto per le chiacchiere, i baci, i calci al pallone, i giochi dei bimbi. I rocchi dorici, cotti al sole, dormono nel vialetto di ghiaia, sul quale il piede sente il
rumore scandito di ogni passo fatto tra le pietre.