Le [im]pari OPPORTUNITÀ

Ogni categoria è una costruzione culturale inquadrata in stereotipi ed è un impianto culturale stereotipato percepire la  donna succube dell’uomo. Le donne non costituiscono comunità perchè sono sempre state socializzate dall’uomo come antagoniste, ciò è dovuto al fatto che l’amicizia femminile è molto diffi cile da precisarsi e da manifestarsi, mentre l’amicizia tra maschi si traduce anche in cameratismo, con la disponibilità

ad aiutare l’altro; basti a pensare alle coppie di maschi che la storia e la mitologia ci presentano: Eurialo e Niso, Achille e Patroclo, Diomede e Ulisse, ma non vi sono egualmente delle coppie di donne, delle coppie di amicizia femminile, perché le donne sono state abituate e socializzate all’individualismo e comunque a temere il confronto con un’altra persona dello stesso genere. L’unica volta in cui si è parlato di comunità di donne si è parlato di realtà mitologiche come le Amazzoni oppure si andava alla ricerca di rapporti amicali che scivolavano poi nella sessualità, come Saffo e le donne della sua comunità. Non è mai stata intesa come una forma di fi ducia e reciproca, di voglia di aiuto reciproco, di solidarietà reale. C’è sempre stato un elemento che in qualche maniera ha inquinato il rapporto. Prendiamo ad esempio l’invidia partendo da una generalizzazione: l’invidia è più femminile che maschile. Il successo di una donna è diffi cile che sia accettato con la stessa amabilità con cui per esempio un uomo accetta il successo di un suo amico.  Questo è dovuto ad una eredità culturale basata sul piano della disuguaglianza e di una opportunità che non ha nessuna parità. La donna è stata abituata ad essere una persona disuguale, ma l’amicizia presuppone un rapporto simmetrico,  paritetico, non un rapporto asimmetrico. Siccome la donna si è sempre ritenuta diseguale, la diseguaglianza, una volta interiorizzata, non dà luogo all’amicizia che invece, necessariamente, poggia sulla simmetria e sulla pariteticità. L’uomo  presenta delle forme di solidarietà; c’è uguaglianza con gli altri. Tra maschi, anche se c’è il leader, questo non viene guardato con sospetto. Tra le donne quando avviene l’incontro comincia una ricerca di punti in comune per tentare un avvicinamento
o diversamente, rimane una forma di definizione  dell’altra come diversa e avversa. Possono venir fuori delle forme di invidia, di piccoli asti, di malintesi e di battute. Poi sicuramente ci sono eccezioni che dicono altro, ma appunto si tratta di eccezioni. Anche se la donna proviene da una classe sociale diversa, o sia in grado di esprimersi con disinvoltura e professionalità, o che sia graziosa, sono elementi, questi che non hanno molta importanza nel mondo maschile, ma ne hanno invece molta in  quello femminile. Basta anche il solo successo per rendere una donna invisa ad altre e il proprio successo viene oltretutto  metabolizzato male perché crea  distonia e diffi denza. Inoltre la donna stessa non vede altre donne come una risorsa sulla quale investire in quanto si sentono ancora subalterne al mondo maschile ed è da poco tempo che esiste una lettura critica di questo tipo di comportamento. Questi sono alcuni dei motivi per cui nelle campagne elettorali le donne non sono supportate da altre donne e, se elette, non hanno un accesso semplice ai ruoli maggiori tanto che proprio recentemente si è resa necessaria l’attivazione di procedure che favoriscono e sostengono il piano dell’uguaglianza e delle pari opportunità.

PrimaPagina edizione Luglio 2014 – di Arturo Di Cera