Lettere al direttore – Agosto 2012

teramo_la_citta_perduta_primapaginaCaro Direttore, ho letto tutto quello che hanno scritto su Teramo persone impegnate nel sociale e che sono state addentro alle problematiche di intervento in tutti i settori possibili che riguardano la città. Io non sono nessuno, mai ricoperto nessuna carica, non ho che una laurea in lettere nel cassetto e sono stata solo figlia, moglie, madre ed ora nonna e, nel ricordo di tutti gli anni che ho alle spalle e che ho vissuto e condiviso con tre generazioni, anzi 4, (poiché ho costantemente vissuto per sessant’anni con mio padre e mia madre che mi raccontavano infiniti episodi dei loro tempi), mi permetto di dire che fare dei continui “mea culpa” non serve né a Teramo, né ai teramani. Le persone e situazioni cambiano nel tempo, si determinano altri modelli di vita di riferimento e non possiamo demonizzare nessuno perché colpevoli siamo “uno, nessuno e centomila”. Si è operato assecondando l’andazzo, ma difficile catalogare gli andazzi colpevoli da quelli innocenti. Quasi sempre chi prendeva le decisioni credeva di far bene? Ci siamo mai chiesti se credevano di far bene perché pensavano che era bene o se lo facevano nella certezza di assecondare i desideri della gente? Perché la gente non si ribellava? Perché non faceva tanti cortei come quelli delle “suffragettes” per il voto alle donne? Amo la mia città (e come si può non amare la città dove si è nati e dove si è trascorsa tutta la vita?), ma, più che indicare percorsi di miglioramento al suo aspetto fisico, più o meno adatto alle esigenze del momento, bisognerebbe capire bene che cosa le persone contemporanee vogliono dalla loro città. Il problema maggiore, problema che non dovremmo mai dimenticare (e che ogni nuova generazione ha avuto) è, analizzarla, osservarla e, nel possibile, correggerne i percorsi e far riemergere (perché ce ne sono) ambiti rispettosi del bene altrui e scuole che ne inculchino i comuni doveri-diritti. E’ auspicabile che da quel tipo di appartenenza si debbano scegliere i nostri politici. Siamo quello che siamo stati? Non è vero. Ci si riempie a volte di frasi fatte da intellettuali di mezza tacca, ma la verità è che “tutti” abbiamo lasciato che i nostri figli, i nostri nipoti andassero accontentati a tutti i costi, costi quel che costi, e, chiedendo scusa per il gioco di parole, tutto ci è sfuggito di mano. Come possiamo pretendere di far loro comprendere le infinite emozioni che ti regalano un’opera d’arte, un’antica statua, ad esempio una statua greca, quando ho sentito esclamare un ragazzo mentre la guardava: “Ma che belle cosce!” Ed è il male minore! Se qualcuno di voi ha seguito l’inaugurazione dei giochi olimpicidi Londra, avrà notato come alla fine del percorso storico verso la trasformazione industriale, un po’ caotico ma intrigante e piacevole da seguire, alla fine sia entrata in scena una massa innumerevole di giovani danzanti sulle musiche delle loro amate discoteche e concerti all’aperto dei loro idoli canori e, se vediamo in tv quanti giovani determinati e studiosi vadano fuori a studiare per poter iniziare un qualsiasi percorso di vita decoroso, i punti focali, nella confusione in cui annaspano i nostri centri politici, piccoli e grandi, non possono che vivere lo sconcerto tra le priorità economiche ineludibili e lo spinosissimo problema di ricondurre, nelle scuole e non solo, l’educazione dei nostri ragazzi a vedere e non solo guardare le vere priorità che possano riempire di bellezza e giustizia i loro percorsi di vita in ogni campo senza l’ossessiva smania del superfluo e del denaro. Se le fontane sono belle o brutte a loro non importa un bel niente, ma si arrabbiano maledettamente se non trovano il parcheggio del loro motore ultimo modello da cinquemila euro che i genitori hanno messo sotto il loro sedere per “premiarli” di aver superato l’esame di maturità. Lo stragrande numero di anziani che vive oggi a Teramo e che non ha la possibilità di “consumare” tutti i giorni seduto ad un bar, dove andrà a prendere un po’ d’aria? I problemi ci sono e vanno risolti da chi di dovere ma non possiamo “estrarli a sorte” ragionando superficialmente; la priorità è, e deve essere, sempre una coscienziosa ed oculata analisi dei bisogni prioritari dei cittadini: se in una classe c’è un solo handicappato, il maestro non può correre dietro ai bravi, ma deve rallentare, se si perseguono realizzazioni pratiche per i meno dotati, a chi sta bene che danno si fa? Se si debbono fare manifestazioni sportiveo fieristiche, perché invadere i centriurbani che ne vengono deturpati, creando caos, disordine e fastidiosi rumori senza rispetto alcuno? Non lo dico parlando “pro domo mea” a nome di tanti anziani come me, ma anche per chi deve dormire perché il mattino deve alzarsi presto e andare a lavorare… Ce l’abbiamo o no quei bei centri sportivi periferici e tante aree disponibili munite di adeguati parcheggi? Perché li abbiamo fatti? Mi piace terminare questa chiacchierata proponendo, utopicamente, che, al posto di tanti centri culturali per pochi, (non si capisce perché si debbano “interrare essi e non il traffico vertiginoso aumentato in superficie), non si creino, invece, anche tanti decorosi ed appaganti ritrovi per molti, giovani e anziani, seguiti e gestiti con garbo e avvedutezza all’aperto o al chiuso, Perché non si può trasformare la metà ovest di Piazza Martiri della Libertà (lasciando l’altra metà ai tavoli dei due o tre bar adiacenti togliendo quella “superfetazione” inadeguata) in uno spazio verde e alberato con prato, fiori, vialetti come piazza Orsini con una bella fontana (magaria forma di conchiglia?) che, zampillando da sotto il portale murato del Duomo, lambisca, allargandosi, parte della scalinata, dove l’acqua trattenuta da due sponde in muratura (magari decorati da piccoli leoni zampillanti a richiamare i fratelli più famosi, grandi e piccoli, della città!) e si trasformi la piazza in uno bello spazio verde con alberi ombrosi e sedie “comode” e amovibili per permettere di socializzare senza danno (con attenta sorveglianza, s’intende!). Quale orrore vedere quelle persone sotto i portici del comune alloggiati in quelle sgangherate sedie di plastica bianca in cerca di compagnia e di fresco! Nessun gazebo arabeggiante figlio del dio denaro che danneggia i commercianti locali peggio del divieto di transito, e nessun bivacco sulla scalinata di una Chiesa antica che si trova al mattino sudicio e ridotto ad una pattumiera. E, un’ultima cosa che non costerebbe poi tanto: provate a chiedere al nostro pronto soccorso quanti femori rotti arrivano a causa delle nostre stradine centrali dissestate. Che dire…? I sogni a noi vecchietti ce li dovete lasciare e, poi… siamo dispettosi: se non ci sparate, non abbiamo nessuna intenzione di andare all’altro mondo! Caro direttore, prenda queste mie parole come un “pour parler”. Io, da incallita ottimistami auguro che siano come sassolini gettati in un lago come fa un bambino per gioco, ma che tra i tanti cerchi formati dall’acqua, uno vada a lambire qualche riva e la faccia fiorire. Lilia Ferrajoli (classe 1928)

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Gent.mo direttore, sono a scriverLe della nostra città. Se non erro, negli anni ’60-’70 iniziarono i lavori di sistemazione della Antica Cattedrale, credo ad occuparsi del restauro fu la ditta Cingoli, demolirono degli edifici adibiti a Caserma dei Vigili del Fuoco ed altro lungo via Torre Bruciata. Si dovrebbe averne traccia nell’Archivio del Comune. Tutta questa zona è stata sistemata, purtroppo male, negli anni ’90. a tempo si conosceva l’esistenza in quella zona di una villa romana. Il famoso (e sfortunatissimo) Leone in mosaico era conosciuto da tempo, credo dalla seconda metà dell’ ‘800, quando fu costruito Palazzo Savini. I Savini facevano visitare il mosaico, che era rimasto in una cantina (l’accesso non era facile, tuttora visitarlo è quasi una vincita all’enalotto). Scavando nel famoso orto di Pompetti fu trovata la villa che uno, diciamo, sciagurato incaricato dei beni, o meglio “mali”, culturali ha coperto con quel famoso e costosissimo catafalco, rendendo la villa una serra per la coltivazione intensiva dell’ortica. Nell’occasione furono bruciate enormi somme di denaro per fare lo scavo sulla strada che non scoprì nulla di importante tanto è vero che furono ricoperti. Ma, il guaio lo ebbe il famoso leone, che poveretto annegò miseramente. Dopo di che alla fine degli anni ’90 si procedette al salvataggio del povero animale. Una mosaicista mi disse che il restauro non fu fatto bene. Gli dettero una bella dimora, ma ora non lo fanno mai vedere. Sulla strada hanno messo dei vetri per mostrare un po’ di pietre romane, ma niente di notevole. Passiamo alla famosa Torre Bruciata. Una piccola proprietà della mia famiglia, ereditata da miei nipoti, figli di una mia sorella, confina con questa torre nella quale abitò per un certo periodo il giornalista teramano Fernando Aurini. La Torre, negli anni 90, fu acquistata dal Comune e fu restaurata e … orrore, la parte bella di questione fu coperta con un anonimo intonaco. L’interno fu sistemato più o meno bene, anche con un ascensore, e dovrebbe essere adibito a museo da chi, non si sa perché, forse per ospitare i documenti delle ferite fatte dai nostri amministratori. Mi permetto di suggerire: si dovrebbe formare una squadra di volontari culturali che facciano vedere ai turisti quelle cose che non si possono vedere perché chiuse a chiave a tripla mandata. Basterebbe davvero poco. Un cordiale saluto. Giorgio Lucangeli

 

Cari lettori, grazie per il vostro intervento. La nostra amata città ha bisogno sicuramente di una maggiore partecipazione dei cittadini . Il dibattito avviato su PrimaPagina conferma una esigenza che molti avvertono. Necessario portare un contributo di idee e proposte, senza salire in cattedra e ascoltandosi vicendevolmente. Per quanto ci riguarda, siamo sulla buona strada e anche per questo vi dico grazie.