E’ una terra scelta da due fiumi,la nostra. A destra il Tordino, a sinistra il Vezzola. Le acque, poi, versano nel punto di confluenza e da qui solo l’alveo del Tordino continua fino alla foce marina. Ecco una delle più belle valli del medio Adriatico. Ne rimangono poche immagini, molto diverse da quelle di un tempo. La portata d’acqua è diminuita e di conseguenza i margini
del greto sono più estesi. Ricordiamoci che erano fiumi navigabili. É stato segnato già da tempo il destino dei crinali barbaramente incisi, delle sponde dei corsi d’acqua sempre più urbanizzate. Oggi ci restano delle riserve sul lungo fiume più volte interrotte da strade. La sorgente del Tordino è situata sul monte Gorzano, la vetta più alta dei Monti della Laga. Se lo sguardo risale il tragitto del Vezzola sino all’orizzonte glaciale del bosco di Magnanella e dei Monti Gemelli, si coglie una profonda sensazione di evasione dalla città. A poche centinaia di metri dalle palazzine di viale Bovio si raggiunge un parco piacevolissimo e molto frequentato. La neve caduta a febbraio ha ammantato le turpitudini e ha valorizzato la natura. Tuttavia, con la coda dell’occhio, si vedono le ruspe appostate lungo il percorso ciclopedonale reduci dai lavori in corso a causa dell’alluvione. Sarebbe opportuno effettuare i lavori di manutenzione preventiva in maniera poco invasiva, accurata e costante per la salvaguardia dell’ecosistema fluviale. Questo eviterebbe massicci interventi post calamità, i quali potrebbero risultare troppo massicci e costituire essi stessi un danno per il patrimonio naturalistico. I percorsi fl uviali offrono la possibilità di recuperare una parte di quello che fu il verde di Teramo, ma è auspicabile una conoscenza del paesaggio più profonda affinché si possa generare coscienza del territorio. Solo dopo potremo conservare e tramandare. I tigli, i salici, i pioppi, l’alloro, i giunchi, il cardo, il sambuco rappresentano la vegetazione tipica dell’habitat fluviale. Gli aironi, i corvi, le rondini si alzano in volo nelle zone meno rumorose. I viottoli che una volta si percorrevano per ritornare al fiume, come ad esempio, via Vecchio mattatoio, via dei Mulini, sono le strade più suggestive per ristabilire familiarità con il paesaggio. Durante la prima metà del secolo scorso i nostri fi umi rappresentavano una meta ambita dai giovani che trascorrevano il tempo libero sdraiati sotto il sole o pescando granchi e anguille. Gli ortolani assortivano gli orti e i carrettieri cavavano sabbia e ghiaia. Le lavandaie strofinavano i panni su grosse pietre adoperando l’argilla, “il cretone”, in mancanza del sapone. L’energia idraulica azionava i vecchi mulini, il vecchio pastificio. Questo paesaggio è stato parco letterario di illustri scrittori, luogo custode dei colori di pittori conterranei.