Farsi “furbi” per investire

euro3Qualche anno fa l’indecisione delle famiglie italiane risiedeva nella scelta della forma di investimento. Adesso il problema è tutelare il risparmio che ancora resiste. Quella, più o meno, esigua somma che rimane dai “tempi d’oro”

perché adesso è già difficile arrivare a fine mese figuriamoci risparmiare. Molte famiglie italiane, anzi, si trovano a dover intaccare ed erodere la piccola riserva che parsimoniosamente e che con difficoltà si è riusciti ad accumulare negli anni in cui la “crisi” ci dava ancora respiro e il tasso di interesse lo fissavano il Ministro del Tesoro e la Banca d’Italia. Tempi che ricordiamo con malinconia, in cui la cara vecchia lira ci permetteva il tranquillo investimento in BOT che, tra l’altro, rendevano bene. Sul finire degli anni ottanta rendevano addirittura 21 per cento. Bei tempi, in cui gestire e investire poteva significare mantenimento. Si potevano lasciare i soldi sul conto corrente e alla fine dell’anno, comunque, qualche cifra di interessi c’era. Adesso invece, ogni fine trimestre, solo spese, da pagare alla banca perché gestisce i nostri soldi. “E’ fisiologico, perché il conto corrente – spiegano le banche – non remunera il risparmio, è solo un servizio che la banca offre. Tratta il tuo denaro come mezzo di pagamento, non come strumento di investimento”. Questo è ciò che accade oggi rispetto a venti anni fa. Attualmente per poter gestire le finanze di famiglia è fondamentale conoscere, sapere ed informasi, per non farsi “scippare” i risparmi tanto sudati, dal sistema finanziario.

I conti deposito potrebbero essere una forma di investimento. Nati qualche anno fa come conti on line adesso sono proposti da molte banche. Non è necessario avere il computer, è sufficiente recarsi allo sportello della propria filiale, ma c’è un’insidia. Molte famiglie italiane sono previdenti, quindi oltre a cercare di tutelare il risparmio devono poter agire in caso di imprevisti. Nei contratti che le banche ci fanno firmare per sottoscrivere conti di deposito, tra le clausole scritte in piccolo (difficilissime da leggere) quasi sempre è scritto che in caso di “svincolo” anticipato il ricalcolo dell’interesse avviene a quello più basso e non a quello sottoscritto. Vero è, che un buon addetto della banca, dovrebbe avvisare il cliente di questa eventualità, ben sapendo che quasi nessuno legge tutte le pagine, scritte in piccolo, del contratto che si va a firmare. Spesso soprattutto nelle zone di provincia, come la nostra, ci si fida del proprio referente, sperando che la fiducia sia ben riposta. Una possibile soluzione, per non perdere gli interessi sul nostro piccolo investimento, in caso di imprevisto, potrebbe essere quella di inventarsi sottoscrizioni di importi inferiori e separate fra loro. Facciamo un esempio, al signor Vittorio si rompe l’automobile. Deve forzatamente ripararla, per recarsi al lavoro ogni giorno, per accompagnare quotidianamente i figli a scuola, ecc.. Il signor Vittorio il mese di marzo dello scorso anno ha vincolato per la durata di 12 mesi, 10.000 euro in un conto deposito, tasso di interesse 4,5% annuo netto. A febbraio 2013 si verifica la rottura dell’automobile. Il sig. Vittorio ha quindi la necessità di 1000 euro per riparare l’autovettura, non può aspettare un altro mese, decide quindi, di svincolare il conto deposito anche se mancano pochi giorni alla naturale scadenza. La banca in due giorni restituisce il denaro al sig. Vittorio ma ricalcola gli interessi all’1% anziché al 4,5%. L’interesse netto diventa di circa 100 euro per non essere riuscito ad arrivare alla naturale scadenza. Se sottraiamo le spese di bollo, oltre 30 euro, si realizza quanto alla fine il vincolo sia diventato quasi inutile: al risparmiatore restano in tasca meno di 50 euro. Se invece, il sig. Vittorio fosse stato correttamente consigliato dalla sua banca, avrebbe sottoscritto 10.000 euro suddividendoli in 5 pacchetti da 2000 euro. Per riparare l’autovettura sarebbe stato sufficiente lo svincolo di un solo pacchetto, incassando a regolare scadenza gli altri 4 e mettendosi così in tasca un risparmio netto di oltre 200 euro.