“Discontinui” della seconda Repubblica

Mario montiLa “domanda” politica degli italiani

è molto semplice. Avere rappresentanti onesti, che gestiscano politiche pubbliche sufficientemente innovative per assicurare il  mantenimento e lo sviluppo dello standard di vita cui siamo abituati, in un quadro di crescente interdipendenza, ma anche competizione internazionale. Finalmente anche l’ “offerta” si sta organizzando, a meno di due mesi ormai dalle elezioni politiche, lievemente anticipate. Di fatto continuiamo ad essere nel  quadro della cosiddetta Seconda Repubblica, anche perché non si sono prodotti quei fatti che sembravano potersi delineare al momento delle dimissioni del  quarto governo Berlusconi, cioè la defi nitiva uscita di scena dello stesso Berlusconi, il riconfi gurarsi degli schieramenti ed eventualmente una nuova legge  elettorale. Il fatto nuovo, peraltro ampiamente atteso, è la “salita in campo”, per aggiornare la metafora sportiva di vent’anni fa, di Mario Monti. Ha scelto la tradizionale conferenza stampa di fine anno del presidente del  Consiglio, all’indomani delle dimissioni e dello scioglimento della legislatura, per annunciare un programma e la disponibilità, che gli veniva autorevolmente richiesta da  più parti, alla candidatura per succedere a se stesso, dopo le elezioni. Certo c’è l’eccezione di Grillo (classe 1948) e del suo movimento. La sua popolarità nei sondaggi dovrà passare alla prova della campagna elettorale e di una migliore conoscenza del suo programma e dei suoi candidati, ma comunque potrebbe ottenere una signifi cativa pattuglia parlamentare, che si situi “altrove”, rispetto al tradizionale asse destra-centrosinistra. Comunque sembra profilarsi, alla fine della cosiddetta II Repubblica,  un’offerta simile a quella del suo inizio, nell’ormai lontano 1994. Per la prima volta infatti da quella data si presenta, come autonoma, ferme restando da un lato l’alleanza che ancora una volta si definisce “progressista”, ed è stata irrobustita dalle primarie vinte da Bersani (classe 1951) e dall’altra l’inossidabile presenza di Silvio Berlusconi (classe 1936), un’area di centro, che si riferisce a Monti (classe 1943) e alla sua agenda. Di più: se nel 1994 l’area di centro (Martinazzoli e Segni) voleva rappresentare la “continuità” con la migliore storia democristiana, oggi l’area centrista vorrebbe la “discontinuità”, per rompere il bipolarismo della II Repubblica. In concreto l’incognita e la posta in gioco è sempre il Senato, perché la legge elettorale garantisce comunque una maggioranza certa alla Camera. Il governo “tecnico” ha compiuto la missione di salvaguardare, a colpi di tasse, i conti. Ora il governo “politico” dovrà accompagnare l’uscita dalla crisi o quantomeno la migliore sostenibilità sociale e morale della crisi stessa. E comunque gli elettori non possono dimenticare il nulla di fatto tri-partisan nell’arco di un anno a proposito dei cosiddetti “costi della politica”. La cui drastica diminuzione certo non risolverebbe il debito pubblico, ma migliorerebbe il morale collettivo, che, come si sa, ha un effetto decisivo anche sulla crescita. La campagna elettorale dunque dovrà tenere conto non solo dell’asse classico destra-sinistra, ma anche di quello continuità – cambiamento. Non mancheranno colpi di scena, in questo confuso quadro, non appena si chiariranno i numeri dei diversi schieramenti, stante la larga parte di indecisi, così come l’umore della vasta area della protesta. E’ certo comunque che, al di là degli inevitabili fumi delle propagande, dovranno emergere facce credibili, alcuni impegni e alcune linee. Cosa sarà del sistemapaese, nei quadri europeo e globale, come adeguare le istituzioni, come dimagrire la politica e ultimo, ma essenziale, come
salvaguardare e sviluppare i valori e gli assetti di fondo della giustizia e della vita sociale, a partire dal lavoro e dalla famiglia, così come la Costituzione giustamente li intende.