Partiti alla frutta

crisi finanziaria e politicaL’inarrestabile progressione della crisi strutturale, nei fragili sistemi dell’area mediterranea, pone in discussione le diverse architetture democratiche e la funzione stessa del capitalismo finanziario. Il mondo economico e politico, nel tentativo di evitare il tracollo delle sovrastrutture finanziarie, si interroga sul futuro delle democrazie, in un contesto contrassegnato dallo spostamento del plusvalore nella direzione della rendita, piuttosto che in quella della produzione. E’ necessaria una premessa: l’unico sistema per produrre nuovo valore, nel sistema capitalistico, è produrre e vendere merci. Il valore che si crea dopo il percorso di produzione e vendita, che definiamo rendita, non è che altro che una ripartizione del plusvalore originario. Il mercato finanziario, insomma, non sarebbe altro che una “giostra” di quel plusvalore, solo apparentemente moltiplicabile dalle ripetute transazioni. Il mondo si trova, forse per la prima volta, a fronteggiare una crisi che pone in seria discussione l’efficacia del sistema di produzione capitalistico, anche a fronte di problematiche irrisolte afferenti il crescente inquinamento, le difficoltà di crescita dei paesi sottosviluppati, il dover coniugare il benessere economico con i diritti civili e con i principi di equità sociale. Il caso Grecia, ad esempio, pone enormi interrogativi sul diritto all’autodeterminazione politica ed economica, sulla fragilità e dipendenza dei paesi del sistema UE, sulla necessità di varare misure restrittive in un momento di grande contrazione, sulla necessità o meno di riequilibrare la distribuzione delle ricchezze individuali. E’ proprio mentre le fiamme divampano alle soglie del Partenone, in Italia un governo tecnico ha assunto l’arduo compito di traghettare il Paese in acque sicure. La scelta di un esecutivo di tecnocrati è – in un certo senso – il più evidente segno di resa della politica rappresentativa e rappresentata. E come se un genitore, consapevole di non essere più autorevole e capace nella gestione dei propri figli, invocasse ed avallasse l’assistenza di un tutore legale. Un segnale destinato a mutare, anzi a travolgere, nel giro di pochi anni, sia il futuro degli attuali partiti ed esponenti politici, sia il ruolo di molti altri attori di rappresentanza sociale. Sì, perché la crisi non può essere addebitata alla sola classe politica, cui certamente va – in tal senso – il primato di responsabilità. Essa è anche frutto di una cultura sociale, civile ed economica inadeguata rispetto alle esigenze delle persone, dei cittadini, dei diritti e doveri di progresso. I governi tecnici – purtroppo – talvolta vengono strumentalmente imposti per aggirare l’onta derivante da manovre e decisioni discutibili e che aggravano sempre più il disagio delle fasce e dei ceti marginali. Con un rischio da non sotto valutare. La sospensione della rappresentatività, che si ha ogni qualvolta governi chi non è stato direttamente scelto dai cittadini, rischia di generare distorsioni ed indebite ambizioni in chi è comunque consapevole della frattura esistente tra i principi della democrazia e l’aggiramento dei suoi meccanismi fondamentali. Nei momenti di crisi sistemica, qualsivoglia paradigma salvifico può diventare il simbolo di una nuova era. Nell’incertezza e nel disagio, non pochi cittadini sarebbero disposti a non ostacolare la revisione della democrazia compiuta e a cedere all’idee paternalistiche e teologiche di uomini forti e saggi capaci di trovare le necessarie soluzioni. E’ lecito immaginare un prossimo futuro in cui gli attuali partiti saranno superati e sostituiti da contenitori rappresentativi che si presentano ai cittadini con nuovi volti, slogan ed impianti ideologici. E’ accaduto ogni volta in cui una classe politica ha dovuto cedere il passo, come in questo caso, al dominio della conoscenza formale. Stessa sorte, almeno transitoriamente, potrebbero subire i più importanti leader politici, soppiantati dai tecno-rappresentanti, seppure nel medio e lungo periodo essi potrebbero – sotto mentite spoglie – riattivare i circuiti del proprio consenso.