SCOPIAZZATORI DI MODELLI STRANIERI

obama barakSembra un pozzo senza fondo. Un malaffare diffuso, ramifi cato, multiforme, da nord a sud, passando per il centro Italia. Personaggi dappoco, arricchiti con i nostri soldi, faccendieri affaccendati ad intermediare favori e trarne, lussi da ostentare per garantirsi immunità e nuove prebende. E’ la squallida banalità dell’immoralità. Per questo, se possibile, siamo ancora più disgustati. Però si vede qualcosa. Mentre le tasse continuano ad aumentare, la stagione della spending review applicata ai costi della politica è ormai uno dei principali meriti del governo Monti. Il governo “tecnico”, infatti, sembra avere rotto quel meccanismo ben oliato per cui forze politiche sempre più deboli, sempre meno legittimate, facevano aumentare in modo incontrollato i cosiddetti “costi della politica”. Il punto è però fare in modo che il movimento in corso arrivi a produrre effetti duraturi. Vanno bene gli arresti, le condanne, ma è il sistema che va riorientato, perché ormai fuori controllo. Il numero delle persone che vivono di politica oggi in Italia è pari agli abitanti di un medio-grande capoluogo di provincia. Siamo sopra i 100.000. E qui viene il difficile. Servono infatti delle condizioni, dei presupposti. Servono istituzioni forti, legittimate, efficienti. Purtroppo in Italia le istituzioni sono tradizionalmente deboli: nell’arco degli ultimi vent’anni, equamente distribuiti tra centrodestra e centrosinistra, si sono ulteriormente deteriorate. Forze politiche gracili e mediocri hanno unanimemente introdotto e praticato il cosiddetto spoils system, con il risultato di livellare al basso, moralmente e operativamente, apparati e burocrazie, sempre più pagate nei vertici, di nomina politica, e trascurate nei ranghi medio-bassi. Siamo riusciti a realizzare il peggio dei modelli che abbiamo scopiazzato, quello americano e quello continentale europeo. Privatizzando – e decentrando – senza responsabilizzare abbiamo dilatato i costi e creato pasture incontrollabili per turbe di voraci mediocrità. Si tratta, molto semplicemente, di riavviare un processo di normalità, di onestà. Che però non può essere indolore. Per essere vero deve presupporre dei tagli, non finti o di facciata. Servono parole chiare, su ciò che è bene e ciò che è male. E fatti. Sennò restiamo alla retorica ed alla pantomima sulla cosiddetta “antipolitica”, con il fustigatore di costumi di turno che si costruisce un’immagine sparando a zero, senza l’onere di indicare una revisione strutturale e dunque cambiare nulla. E allora ci sono tre questioni. La prima è sui controlli, che non possono essere affidati solo alla sanzione giudiziaria, ma caratterizzare tutta la filiera dell’allocazione dei fondi pubblici. La seconda sulla qualità delle persone. Ogni classe politica tende a reclutare propri simili e dunque la qualità del reclutamento tende a decrescere. Ormai abbiamo toccato il fondo e dunque occorre fare entrare aria nuova e nello stesso tempo attrezzarsi per una nuova offerta politica. L’ultima e fondamentale questione è sulla moralità. Che non si può certo stabilire per decreto, ma si deve reclamare con tuttii mezzi. La decadenza di cui si parla per l’Italia infatti comincia proprio di qui. Il tempo è finito. Non basta qualche galeotto in più ad affollare carceri tragicamente sovraffollate. Servono norme stringenti e un decreto è stato emanato. Ma bisogna vigilare con intransigenza sull’applicazione, perché questo è il nostro problema: la memoria corta, di cui troppi furbi approfittano.