NELLE AREE PIÙ PERIFERICHE D’ABRUZZO QUASI 7 CASE SU 10 NON SONO ABITATE

L’Abruzzo – come e più del resto del paese – attraversa un importante problema demografico, legato al calo del tasso di natalità e all’abbandono delle sue zone montane e interne. Si tratta di un fenomeno con cause molteplici, che potrebbe portare la popolazione dai quasi 1,3 milioni di abitanti attuali a meno di un milione entro il 2070. Uno degli indicatori che mostra più chiaramente questa dinamica è l’incidenza delle case “permanentemente occupate” nei territori. Per abitazioni permanentemente occupate si intendono le case che rappresentano dimora abituale per chi ci vive, ovvero il luogo in cui la persona passa gran parte del suo tempo.

In Abruzzo il 38,7% delle abitazioni risulta non occupato in modo permanente. Si tratta di un dato oltre 11 punti percentuali sopra la media nazionale (27,2%), che pone la regione come la quarta nel paese per incidenza di case disabitate. In termini assoluti, parliamo di circa 346mila abitazioni. Nei comuni polo abruzzesi il 26,6% delle abitazioni non risulta permanentemente occupato. Una percentuale che aumenta man mano che ci si allontana da questi centri. Nei comuni cintura, infatti, la quota raggiunge il 36,2%, nei comuni intermedi il 43%. È però nelle aree periferiche e in quelle ultraperiferiche, quelle in assoluto più distanti rispetto ai poli, dove si registra il valore è più alto, pari rispettivamente al 46,4% e al 68,5%.

  • Il 38,7% delle abitazioni abruzzesi non è permanentemente abitata. L’Abruzzo è la quarta regione in Italia per incidenza.
  • L’Aquila è il capoluogo italiano con più case non occupate da dimoranti abituali.
  • L’incidenza maggiore di case non occupate si trova nei comuni ultraperiferici (68,5%) e in quelli montani (53,8%).

In Abruzzo quasi il 40% delle abitazioni risulta non occupato in modo permanente: un dato oltre 11 punti percentuali sopra la media nazionale, che pone la regione come la quarta nel paese per incidenza di case disabitate.

Sono dati preoccupanti alla luce dello spopolamento della regione, che impongono politiche urgenti specialmente nelle aree interne.

L’Abruzzo – come e più del resto del paese – attraversa un importante problema demografico, legato al calo del tasso di natalità e all’abbandono delle sue zone montane e interne.

Come abbiamo avuto modo di ricostruire nella nostra inchiesta “Ritorno in Abruzzo“, si tratta di un fenomeno con cause molteplici, che potrebbe portare la popolazione abruzzese dai quasi 1,3 milioni di abitanti attuali a meno di un milione entro il 2070.

Si prevede che tale tendenza avrà un impatto territoriale molto differenziato, colpendo soprattutto le aree interne, con effetti sull’assetto economico e sociale della regione che in parte sono visibili già oggi. Uno degli indicatori che mostra più chiaramente questa dinamica è lo spopolamento dei paesi e l’incidenza delle case non abitate.

Oltre 300mila case non occupate in Abruzzo

Nel 2021, su un totale di circa 35,3 milioni di abitazioni italiane, poco meno di 9,6 milioni non risultavano occupate in modo permanente da almeno una persona. Corrispondono in termini percentuali al 27,2%. Una quota che in Abruzzo aumenta di oltre 11 punti percentuali rispetto alla media nazionale, assestandosi al 38,7% su un totale di 894.745 case censite. Si tratta della quarta regione in Italia con l’incidenza maggiore, dietro a Valle d’Aosta (56%), Molise (44,6%) e Calabria (42,2%).

346.189 le abitazioni senza dimoranti abituali in Abruzzo.

Per abitazioni permanentemente occupate si intendono le case che rappresentano dimora abituale per chi ci vive, ovvero il luogo in cui la persona passa gran parte del suo tempo. Per eseguire questa rilevazione, Istat ha considerato le informazioni presenti nel registro statistico dei luoghi, in particolare nella sua componente relativa agli edifici e alle unità abitative.

Una raccolta dati effettuata, nell’ambito del censimento permanente, attraverso l’integrazione delle rilevazioni censuarie con le informazioni di fonte amministrativa, provenienti dalle diverse banche dati in possesso della pubblica amministrazione.

Questi dati vanno letti con il limite di dover considerare l’incidenza di abitazioni mantenute come seconde case, una dinamica che riguarda soprattutto le aree turistiche. Tuttavia, al netto di questo fenomeno, la disponibilità di abitazioni non occupate a livello comunale rappresenta un indicatore interessante per valutare l’impatto dello spopolamento in alcune aree dell’Abruzzo. Come vedremo, soprattutto quelle periferiche e ultraperiferiche, oggi abitate da una popolazione mediamente più anziana e quindi più soggette al fenomeno nei prossimi anni.

In termini assoluti, il capoluogo che registra più abitazioni è Pescara (65.776) a qui seguono L’Aquila (55.594), Teramo (28.299) e Chieti (28.138). Concentrandosi su quelle non occupate da dimoranti abituali, L’Aquila il capoluogo in cui ce ne sono di più: 24.055, pari al 43,3% di quelle presenti su suolo comunale. Seguono Pescara (12.623, il 19,2%), Chieti (6.482, il 23%) e Teramo (5.186, il 18,3%).

DA SAPERE

Per “abitazioni non occupate” si intendono le abitazioni vuote o occupate esclusivamente da persone non dimoranti abitualmente. Questo calcolo è stato effettuato da Istat considerando dati censuari e dati amministrativi presenti nel registro statistico dei luoghi, in particolare nella componente del registro statistico di base degli edifici e delle unità abitative.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Istat

 

(consultati: giovedì 9 Novembre 2023)