Nei giorni a venire, spesso

Adriana era giovane , allegra e spensierata. Viveva in una città piccola

dove la sua era una famiglia benestante e molto conosciuta. Il padre, uno stimato commerciante di stoffe e abiti, la madre donna timorata e attenta alla conduzione della casa e all’educazione della figlia. Adriana aveva tanti amici nella società bene della città. Usciva con loro, andava al cinema e nei migliori locali, frequentava le loro case. A seguito di investimenti sbagliati però, il padre cadde in rovina e la amiche di Adriana iniziarono così ad allontanarla, un po’ perché lei ora non poteva più permettersi di frequentare i bei posti in cui andavano insieme prima e poi perché a loro non garbava avere tra le conoscenze una “caduta in disgrazia”. Il mondo tanto bello che la circondava venne meno e Adriana si trovò sempre più sola e triste. Un giorno, mentre guardava la vetrina di un negozio di abiti, come quello che aveva il suo papà, ma che ora non poteva più permettersi, notò un paio di occhi neri che la scrutavano da dietro la vetrina. Erano quelli di Giorgio, il figlio del proprietario del negozio. Nei giorni a venire, spesso Adriana si fermava a guardare quella vetrina, anche perché le faceva piacere avere per sé quello sguardo così discreto.
Fino a che, una mattina, Giorgio non si limitò a guardarla ma uscì, chiedendole se poteva offrirle un caffè. Nacque ì una bella amicizia che presto si trasformò in un giovane e tenero amore. Adriana era felice!
Quanta gioia nei suoi occhi! Giorgio le aveva ridato un po’ della spensieratezza perduta. La passione prese i due giovani e Adriana scoprì presto di aspettare un bambino. Pensò alla reazione dei suoi genitori, sicuramente ne sarebbero stati sconvolti! Ma poi si rincuorò un po’, perché il suo pensiero andò a Giorgio e al loro amore. Si sarebbero sposati e sarebbero stati felici. Ma le cose non andarono così. Giorgio fu inesistenze di fronte alla possibilità di diventare padre, non spiccava certo per determinazione e si fece influenzare della sua famiglia che non accettò la situazione: come potevano loro, commercianti in ascesa , essere favorevoli a un amore “impuro” e
con una ragazza socialmente inferiore! Adriana rimase sola. Con l’indifferenza e quasi il disprezzo di sua madre portò a termine la gravidanza. Quando partorì e guardò il suo bellissimo bambino il cuore esultò di nuovo. Ecco il suo vero grande amore! L’unico per cui valeva la pena lottare e vivere. Gli avrebbe insegnato che cos’era l’amore. Ma anche stavolta i suoi sogni le rimasero tra le mani. Il suo piccolo le venne portato via. Sua madre e suo padre lo avevano dato in adozione. Il vuoto che la colpì fu così grande che un enorme buco nero si aprì nel suo animo, incolmabile e profondo. Appena ripresasi dopo il parto lasciò la sua casa e vagò per le via della città. Il dolore era troppo grande, si sentiva smarrita e persa. L’unico amore della sua vita era andato via per sempre.
Di cos’altro le poteva importare? Appoggiata a un muro e presa dalla sua disperazione, con gli occhi nel vuoto,
all’improvviso un uomo le si avvicinò e le disse: “Bella, sei qui fuori tutta sola ad aspettare me? Entra dentro a farmi compagnia”. Iniziò così la sua permanenza in una casa di tolleranza.
Offriva piacere agli uomini, perché la sua vita ne era priva. Senza Mario, così chiamava nel cuore suo figlio, nulla aveva più importanza, si sentiva smarrita, senza meta. Ma la città è piccola e la gente mormora, si sa.
Così la famiglia venne a sapere dove si trovava Adriana. Il padre aveva ancora delle conoscenze e comunque, in quegli anni, un figlio nato fuori dal matrimonio e una vita di piacere erano offese tali al nome della famiglia che non potevano essere tollerate. I genitori così, ne fecero dichiarare l’interdizione dal Tribunale e la giovane Adriana venne chiusa in un ospedale psichiatrico. Già, meglio matta che puttana, si dissero i famigliari. Così il problema venne assolto.
Con l’ingresso in manicomio il mondo che lei conosceva si chiudeva alle sue spalle. Davanti un’altra realtà. I suoi occhi guardavano atterriti le figure  che vagavano per i corridoi, le orecchie si strappavano ad ogni urlo che proveniva dalle camere, dalle stanze dei medici e dai padiglioni così alti e spogli.
C’erano orari per mangiare, per lavarsi e per dormire. Nessun oggetto che sapesse di ricordi di vita vissuta, ma una nuova vita in un posto che non ne aveva, dove nessuna ne aveva. Finché i suoi occhi divennero vuoti, i suoi gesti i medesimi, e ogni volontà annullata.
Il buco, che si era aperto nel suo cuore quando gli avevano tolto Mario, si aprì nella sua mente. Alla chiusura dell’Ospedale Psichiatico, Adriana, ormai anziana venne spostata in una comunità alloggio.
Lì la sua vita ritrovò un po’ di colore, e il sapore di una casa, sebbene condivisa con altri pazienti. Morì senza aver voluto rivedere la famiglia e con il pensiero rivolto a Mario. Nessuno è più riuscito a portare luce in quel buco, a colmarlo, o a ricombaciarne i lembi. E il dolore pazzia sono diventate la vita stessa.

PrimaPagina, edizione ottobre 2014 – di Anna de Carolis