La strada era l’acqua

davide sapienza, la strada era l'acquaScrittore affascinante, impeccabile traduttore e giornalista, curioso e infaticabile viaggiatore italiano: Davide Sapienza, nato a MIilano 47 anni fa, è tutto questo. La sua carriera si orienta e sviluppa nel mondo dell’editoria musicale già nel 1984. Cura diversi libri sulla musica rock e collabora, fino al 1998, con più importanti riviste musicali, quali Il Mucchio, Buscadero, Musica!, Musica e Dischi, Fire. Il suo debutto letterario avviene nel 2004 con I Diari di Rubha Hunish. Con noi di Prima- Pagina parla del suo nuovo lavoro “La strada era l’acqua” per la Galaad Edizioni. 
La Strada era l’acqua” – è questo il titolo della tua ultima fatica letteraria – uscirà il prossimo 22 marzo, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, per la Galaad Edizioni. Puoi raccontarci il tuo rapporto con  questo elemento? “Il libro è ispirato a un viaggio vero, compiuto da Dario Agostini nel 2007, dall’Engadin (Svizzera) a Istanbul in cayak e canoa. Quando lo conobbi e me ne parlò, pochi mesi prima della partenza, sentii fortissimo il legame con la sua idea geografica perché amo l’acqua: ha una presenza fondamentale nella mia vita. Adoro sentirla cadere, a volte anche camminando nei boschi o in montagna. Detesto sentire dire che quando piove o nevica “c’è brutto tempo”. Quando apri il rubinetto, quando bevi, quando ti lavi, quando il cielo è limpido, chi dobbiamo ringraziare? L’acqua, la vita. Ecco dunque che questo ci fa fare uno scatto: l’elemento naturale Acqua prende forme diverse e io, personalmente, cerco solo di farne parte e di ascoltare”. Come è cambiata la tua vita da quando hai cominciato ad ascoltare la voce dell’acqua? “La vita cambia decisamente quando ascolti il richiamo della vita stessa: venire a vivere in montagna, nel 1990, mi ha poi aperto tante infinite opportunità di ascoltare. Un esempio: qui abbiamo un canyon fantastico, si chiama valle dei Mulini, l’acqua che vi scorre viene dalle viscere della Presolana, la “mia” montagna che vedo ogni giorno da casa. Roccia calcarea, la neve si posa, lentamente si scioglie, poi penetra nella terra e via, verso valle. Ovunque io vada, mi accorgo che in definitiva è la via dell’acqua che seguo: non dico niente di nuovo, la civiltà umana si è proprio sviluppata lungo di essa e per essa, ancora e soprattutto oggi, combatte. Nella vita reale degli uomini, è già l’acqua che da anni viene inseguita come investimento finanziario dalle grosse multinazionali. Sono cose a cui penso, anche se “in ambiente” preferisco ascoltare la comunione emotiva che provo”. Nel tuo libro ci offri un poetico dialogo tra l’acqua e Dario, protagonista di una incredibile avventura. In che modo questo dialogo influenza il viaggio di Da rio? “Agostini va in canoa da 30 anni. Ha attraversato fiumi enormi e impetuosi in Africa, torrenti difficili nelle Alpi, insomma ha guardato il mondo da una posizione particolare, come quella del bambino prima che impari a camminare: una posizione privilegiata. Io mi sono basato sulla percezione che avevo di Dario come uomo – conosciuto da poco – e delle  cose che mi scriveva ogni giorno con il suo sms che riportava, come da mie istruzioni, una sola parola “descrittiva” e il luogo”. Alla fine Dario, sia pure tra mille dubbi e incertezze, giunge però a Istanbul, meta sulla carta del suo progetto. Ma senza essersene reso conto, o meglio, senza averlo pianificato, scopre di aver compiuto un altro viaggio, dentro se stesso. “Il pensiero, la percezione e l’immaginario. E quando lo compi, spesso è difficile capirlo mentre lo fai: nel suo caso, si è trovato uno scrittore che si è immedesimato… nell’acqua, per raccontare al lettore – e lui è anche un lettore – cose che non aveva pensato, come mi ha anche detto”. Il tema del viaggio è ricorrente nel tuo scrivere. Tu stesso sei un viaggiatore, e non potrebbe essere altrimenti. Verso cosa sta viaggiando Davide Sapienza? “Io viaggio verso la consapevolezza. Dato che sono fatto anche di carne e ossa, oltre che spirito, allora il viaggio conosce una sua geografia che rispecchia gli istinti più profondi. Ora il Viaggio è arrivato di fronte a un grandissimo paesaggio che per sempre ha cambiato, e per sempre cambierà, la mia visione: il mio splendido bambino, nel cui sguardo c’è tutto il viaggio dell’umanità. Dunque, credo che lo seguirò nel nostro comune “call of the wild” sino a quando non spiccherà il suo volo, come sarà giusto”. Senti di dover ringraziare qualcuno per questa tua nuova avventura sul Danubio? “Sì, la Natura Madre. Appena rientrato dallo Yukon in Canada, sono andato in un rifugio un po’ particolare in valle di Scalve, dove ho conosciuto Dario Agostini: io gli raccontavo del fiume Yukon. Lui mi ha raccontato il suo sogno, che stava per realizzare, quello del viaggio che ha ispirato “La strada era l’acqua”. Che per inciso è una frase di “La valle di Ognidove”, il mio libro precedente: quando Dario lo ha letto (era in viaggio per Istanbu), ha trovato questa frase e mi ha detto, “questo per me è il titolo del libro su questo viaggio, se lo scriverai”. Aveva ragione”.