LA RESPONSABILITA’ DELL’ELETTORE

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Non si può fare a meno della “Filosofi a Politica” dei diversi autori o di quella classica: un invito alla rifl essione in tal senso proviene proprio dai risultati elettorali. Senza sconfinare nella demagogia e senza fare alchimie statistiche per dimostrare di aver vinto

anche quando si è inesorabilmente perso, i risultati elettorali dicono semplicemente che gli Italiani non posseggono il senso di appartenenza né quello della identità delle differenze. Se si amasse di più il proprio paese, ognuno dovrebbe imputare a se stesso la colpa del degrado in cui esso è precipitato, mentre si tende ad addossare tutto alla classe politica: “inetta”, “inefficace” e “arraffona”. Si privilegia il rapporto con le cose e non il rapporto con l’altro (il berlusconismo è maestro in questo); l’altro, cioè il prossimo, è stato asservito al sé, privato della propria identità e inglobato in una esistenza dipendente e differente (G. Deleuze, ifferenza e ripetizione). Vedere il “volto dell’altro” è la massima espressione dell’Etica contemporanea(E. Lèvinas), anche se ciò embra essere valido solo ai fini teorici, ossia, teoreticamente. L’essere, il on-senso, prevale sull’esistente, su ciò che ha senso: l’uomo, individuo unico e irriducibile, come sosteneva S. Kierkegaard. La presenza (etimologicamente = essere davanti) dell’io-soggetto è data dal “tu” nell’atto allocutorio per cui il primo prende coscienza di sé come complemento oggetto (= “me”) e non come soggetto (= “ego”). A questa nuova dimensione del soggetto si giunge mediante la ostituzione del “cogito” cartesiano, puramente autoreferenziale, con il “loquor” che, riferendosi all’ego, si apre all’interlocutore (M. M. Olivetti, Analogia del soggetto). Il “loquor” è umano, troppo umano si potrebbe dire, poiché è deponente così come “nascor” e “morior”. Tale apertura dialogica manca oggi e l’esito elettorale lo evidenzia nella maniera più sostanziale: tre fronti di pari estensione ermeticamente contrapposti e narcisisticamente velleitari; ognuno dei quali è espressione di interessi di parte e non della collettività. Un’egofagia imperante distrugge il diritto di darsi un governo e ciò, in una situazione di crisi totale, è ancora più intollerabile e masochistico. Era prevedibile questo risultato? Attribuirsi a posteriori doti profetiche è quanto meno puerile. Sicuramente era lecito supporre che una situazione d’incertezza e di stallo avrebbe gravemente nociuto alla nazione, ma non tutti gli elettori sanno rifl ettere prima di mettere nell’urna la scheda vergata del segno che qualcuno ha loro suggerito. Espropriati dell’autodeterminazione attraverso canali comunicativi di informazioni preconfezionate, i cittadini passivamente subiscono l’orgia del potere di leader riconosciuti soltanto da frazioni e consorterie che li sostengono per il mantenimento del proprio status quo. Chi intendeva proporre il cambiamento, non pensava fosse veramente diffi cile sottoporre a liscivia il gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”! Altri, invece, aspirano a declamare il de profundis alla politica attraverso la dittatura globalizzata di internet. Infine, l’ingordigia nimalesca dell’uomo, simile a quella del caimano, induce a sbranare i propri supporter fornendo loro “premium et circenses”. La Filosofi a Politica di Eric Weil, in sintesi, sosteneva questo: “l’uomo giusto al posto giusto”, sia nelle istituzioni sia nella società civile. È forse un sogno sperare ciò?