“Meglio un cattivo accordo che una causa vinta!”
Quante volte abbiano sentito ripetere questo detto popolare, che invita sempre a preferire un accordo (anche cattivo, quindi non soddisfacente) per evitare una causa (anche vinta, quindi con la soddisfazione totale
delle proprie pretese) al fine di evitare le lungaggini della Giustizia.
Il Legislatore ha voluto “convertire in legge” il detto popolare, introducendo la negoziazione assistita, copiando il legislatore francese che ha introdotto nel 2010 la procédure participative. Lo scopo della nuova normativa è
chiaro: il processo dinanzi al Giudice deve essere l’alternativa fi nale, l’estrema ratio, l’ultima ed inevitabile soluzione per chi vuole risolvere una lite, che ben può essere, invece, risolta dagli avvocati, che conoscono ragioni e limiti delle tesi dei propri clienti e, quindi, sono in grado di raggiungere l’accordo migliore (e non il “cattivo accordo” del
popolare detto). Esaminiamo dunque gli aspetti più importanti della negoziazione assistita, regolata al capo II del decreto legge 132/2014, convertito nella legge 162/14.
La convenzione di negoziazione assistita.
E’ un vero e proprio accordo redatto in forma scritta dalle parti, con il quale le stesse stabiliscono e si impegnano a cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati
iscritti all’albo. La convenzione deve indicare:
1. il termine entro il quale tentare di raggiungere l’accordo, che non può essere superiore a tre mesi, e che può essere prorogato di ulteriori trenta giorni solo in caso di accordo tra le parti;
2. l’oggetto della lite, che non può riguardare diritti indisponibili o rapporti di lavoro. E’ espressamente richiesta l’assistenza di uno o più avvocati per la redazione della convenzione di negoziazione, i quali hanno anche il dovere deontologico di informare i propri clienti, al momento del conferimento dell’incarico, della possibilità di ricorrere
alla convenzione di negoziazione assistita.
Quando è obbligatorio ricorrere alla negoziazione assistita.
La legge prevede che la negoziazione assistita è obbligatoria per tutti coloro che intendono intraprendere un giudizio relativo ad una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli, e per chi (al di fuori dei casi della mediazione obbligatoria) vuole intraprendere un giudizio per ottenere il pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro. In tali casi la negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale:
in altri termini non è possibile rivolgersi al Giudice senza aver prima esperito, con esito negativo, la procedura di negoziazione.
La negoziazione come condizione di procedibilità del giudizio.
La legge prevede che la condizione di procedibilità si considera avverata, con possibilità quindi di rivolgersi al Giudice, se entro trenta giorni dalla ricezione dell’invito l’altra parte non comunica l’adesione, ovvero comunica il rifi uto, ovvero se decorre inutilmente il termine stabilito dalle parti per raggiungere l’accordo.
Casi esclusi dalla negoziazione.
La negoziazione non si applica nelle seguenti ipotesi:
a) procedimenti per ingiunzione di pagamento;
b) procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite;
c) procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;
d) procedimenti in camera di consiglio;
e) azione civile esercitata nel processo penale.
Negoziazione assistita e patrocinio a spese dello Stato.
Nei casi in cui la negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda, all’avvocato non è dovuto alcun compenso dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi del DPR 115/2002; in base a tale “peculiare” norma, l’avvocato della parte che ha i requisiti per accedere al patrocinio a spese dello stato non deve retribuire il proprio legale e, di conseguenza, appare evidente come in tal caso l’accordo raggiunto non può non prevedere il pagamento delle competenze di quest’ultimo.
Quali le conseguenze in caso di non accettazione all’invito a stipulare la convenzione di negoziazione assistita ?
L’invito a stipulare la convenzione deve contenere, oltre all’oggetto della controversia, anche l’avvertimento che la mancata risposta all’invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal Giudice nel successivo processo ai fi ni del pagamento delle spese del giudizio, sia per l’eventuale risarcimento danni per lite temeraria, sia per la concessione della esecutività del decreto ingiuntivo.
Qual è il valore dell’accordo raggiunto a seguito dell’esito positivo della procedura di negoziazione assistita ? L’accordo raggiunto costituisce titolo esecutivo, con tutte le possibilità connesse a tale atto in ipotesi di inadempimento di una parte (ad esempio ef ettuare pignoramenti o iscrivere ipoteche). L’accordo, quindi, ha lo stesso valore di una sentenza esecutiva.
La negoziazione sarà capace di risolvere le potenziali liti a mezzo di un accordo raggiunto con l’ausilio degli avvocati, attuando la degiurisdizionalizzazione dei confl itti, termine veramente strano con il quale si indica la volontà di evitare il ricorso al Tribunale, considerandolo con rimedio estremo?
Certamente è necessario un cambiamento di cultura, che consideri l’avvocato non più l’Azzecca Garbugli di manzoniana memoria (pronto a prendere i quattro capponi da Renzo ma non in grado di risolvere il problema delle minacce ricevute da Don Abbondio per non far celebrare il matrimonio) ma il professionista più idoneo ad affrontare e risolvere i problemi dei cittadini.
Quindi “Meglio un cattivo accordo che una causa vinta” ? Forse no, meglio un buon accordo tra le
parti, a condizione di non chiamare un certo Avvocato di Lecco.