JOB ACT O LA RIFORMA IMPOSSIBILE (IN ITALIA)

Quanto è reale, ai fini  delle politiche di sviluppo del lavoro e delle tutele dei lavoratori, il problema dell’art. 18, se si pensa che in Italia l’80% delle aziende è di tipo artigianale, familiare e con meno di 15 dipendenti?
Quante aziende invece di tendere ad aumentare il numero dei dipendenti scelgono di mantenersene al di sotto
proprio per evitare tale problematica, impoverendo e non sviluppando il mercato del lavoro? Piuttosto che focalizzare l’attenzione sui possibili licenziamenti non sarebbe meglio concentrarsi sull’incentivazione alle assunzioni? e su come favorire una cultura della “produzione” di posti di lavoro e non solo della “blindatura” per poche categorie?
Queste domande le abbiamo poste direttamente a Maurizio Landini, attraverso l’ufficio stampa della Fiom, già da qualche mese (il primo tentativo di contatto risale a maggio 2014).
Ma alla totale assenza di risposte, nonostante diversi tentativi di sollecito da parte nostra, non ci resta che prendere atto del fatto che difendere tutti i lavoratori è un’impresa talmente ardua che non lascia tempo di conoscerli tutti, soprattutto se i lavoratori che “chiedono udienza” non appartengono a grandi media o alla cerchia ristretta degli abituèe.
Ce ne faremo una ragione “ça va sans dire”, ma le domande rimangono e sono il perno su cui si agita la discussione sul Job Act ovvero la riforma del Lavoro, presentata dal Governo e in discussione in Parlamento.
750 emendamenti, circa 40 dei quali dal solo Pd e 450 da Sel mentre dalle minoranze del Pd altri 7 emendamenti, di cui uno sull’art.18, che chiede la tutela piena del reintegro, prevista oggi nei casi di licenziamento illegittimo, anche per tutti i neoassunti, dopo 3 anni. E mentre Maurizio Sacconi ribadisce che “questi emendamenti sono  irricevibiliper chi voglia riformare il mercato del lavoro” perchè fanno emergere “una visione vecchia e ideologica” e “noi non li voteremo mai”, il ministro Poletti insiste ancora una volta che i licenziamenti discriminatori “non sono mai entrati nella discussione “.
Un dibattito che il ministro dell’Economia definisce “paradossale”, in quanto se si guardano i numeri “ci si accorge che i lavoratori  impattati  sono pochissime migliaia” che seppur importanti “perché parliamo di persone, sono comunque irrilevanti di fronte all’interesse collettivo” di maggiore occupazione ed equità. Insomma: basta con “un accanimento ideologico che l’Italia non si può più permettere”. L’accanimento ideologico a cui si riferisce il Ministro Padoan riguarda proprio la posizione rigida dei sindacati sull’art. 18, che ha portato perfino il Presidente Napolitano a dichiarare in maniera “vibrante” (come nel suo stile): «basta conservatorismi».

PrimaPagina, edizione settembre 2014 – di Mira Carpineta