JEP GAMBARDELLA SIAMO NOI

E’stato applaudito, premiato, visto, ma soprattutto criticato.

La grande bellezza di Paolo Sorrentino, è un film che sicuramente ha fatto parlare, ma anche pensare. Innumerevoli gli spunti di riflessione a cui attingere e che mostrano la decadenza della società odierna, che poi non è solo quella strettamente romana a confronto con la Dolce Vita felliniana. Morte, sesso, potere, dissoluzione della storia.

E’ un film probabilmente non compreso nella sua essenza e dal quale si tende a prenderne le distanze. Perché? Forse perchè qualcosa di quei personaggi allo sbando ci appartiene, sono in noi. Perché di Jep Gambardella, per mondanità e vita dissoluta se ne incontrano troppi e i suoi tormenti, al di fuori delle feste, sono un po’ i nostri. Il voler essere al centro dell’attenzione di tutto, ma non della propria vita e abbandonarsi a essa, sopravvivendo e non vivendo. Banalizzare questo film significa banalizzare noi stessi, scappando da quel che siamo, costruendo quel che vorremmo essere. Certo, non tutti trascorrono serate mondane su una terrazza davanti al Colosseo, ma i dubbi, le paure, il nulla a cui credere e l’incomunicabilità fanno da padrone. Abbiamo tutto e non abbiamo
niente.
E allora subentra la noia, che non è il contrario del divertimento, ma è l’impossibilità a comunicare, con noi stessi prima che con gli altri, favorendo gli stereotipi e la recita di parti patetiche e salva-apparenze. Noia come tormento di dover apparire, come qualcuno dall’alto ha deciso, e qui il dialogo tra Jep e Stefania ne è l’emblema. Noia come dissoluzione fisica e morale.
E allora nascono le manie e le perversioni, le ansie ingestibili e talvolta degenerate, gli ozi e i vizi, il volere tutto per poi non farsene niente, l’avere tutto e cercare la morte, l’avere perso tutto e dover far finta ancora di avere tanto, il voler esagerare per sentirsi forti e insuperabili in un mondo superficiale, animato da assurdi protagonisti e inutili comparse.
Il nulla padrone di tutto, il tutto che è il niente, il voler prevalere a tutti i costi e l’essere perfetti a tutti i costi, il prendersi in giro in preda alla disperazione.
Grande bellezza come grande bruttezza, in un mondo dove si recita una parte e dove “tutta questa gente non sa far niente”, dove si sono completamente persi i valori. Una società allo sbando che può essere salvata solo dall’amore.
Come Jep che aveva molto amato e non dimenticato, e questo ci fa comprendere come esso rimane davvero l’ultima àncora di salvezza per tutti.
Solo amando noi stessi e il prossimo con sincerità e semplicità, senza aver paura di mostrare le proprie debolezze, si riesce a uscire da un empasse che non ci vede più persone, ma numeri, elettori, ascoltatori, pecore di un gregge che procede lento verso una via senza uscita.
Non più uomini con un codice morale, ma pseudo – vip e gente fintamente importante che mostra
di avere una vita meravigliosa, e intanto annegano nell’insicurezza e nella paura, di invecchiare e di non essere più potenti, donne che temono di non essere più avvenenti e attraenti e ogni regola etica sacrificata in nome di quella che viene chiamata mondanità o meglio smania di apparire.

PrimaPagina edizione settembre 2014 – di Adele Di Feliciantonio