LE CIFRE ALLARMANTI DEGLI ABUSI

“Non sono io ad abusare dell’alcol, è l’alcol che abusa di me”, recita un motto ironico molto in voga su facebook il cui evidente fine è la risibilità sul bere molto e di ubriacarsi. Molti hanno trovato la pagina divertente se conta quasi 58.000 fans. Non pochi. BIC_02_OKAbbiamo intervistato lo psicologo Gaetano Ruggieri della Comunità Mondo Nuovo (ONLUS) per affrontare da un punto di vista sociale, psicologico e in parte medico la questione dell’abuso d’alcol, specie tra i più giovani.

Quando si può propriamente parlare di abuso d’alcol?

“Se parliamo di assunzione di alcol in modalità rischiosa le cose da dire sono molte. L’organizzazione mondiale della sanità chiarisce, ad esempio, che non si dovrebbero assumere alcolici al di sotto dei 16 anni, e che, a seconda del genere sessuale, dell’età e delle situazioni (durante la guida o nel mentre si svolgono mansioni lavorative particolari), ci sono quantità di alcol che non andrebbero superate.

Bisogna valutare se si beve in maniera continua e se si superano le quantità limite previste dall’organizzazione mondiale della sanità. Poi c’è il problema del bere in modo eccessivo (sbronzarsi). Il fenomeno del bere in maniera eccessiva e smodata è chiamato ‘Binge Drinking’. Secondo i dati forniti dall’OEDT (Osservatorio Europeo delle Droghe e Tossicodipendenze) è in forte aumento in Italia. Tale comportamento consiste nell’assumere cinque o più volte in una stessa occasione sostanze alcoliche (ad es. cinque 0,33 di birra, o bicchieri di vino 0,12, o bicchierini di superalcolici, etc.), spesso lontano dai pasti e mischiando il tipo di alcolici. I giovani sono soggetti particolarmente a rischio. Il 32,4% degli studenti abruzzesi maschi tra i 15 e i 19 anni, presi a campione per l’indagine (dati ESPAD – Italia 2009), ha praticato una o più volte questo tipo di abuso d’alcol nell’arco del mese precedente all’indagine. Tra gli studenti abruzzesi di 18 e 19 anni si osservano, altresì, percentuali maggiori alle medie italiane per quanto riguarda la pratica del binge drinking.”

Questi sono numeri abbastanza forti, ma – scendendo più nel dettaglio – cosa si nasconde dietro questo fenomeno? Quali le cause?

“Molteplici e tendono a sovrapporsi. Rispetto ad una valutazione statistica del fenomeno, si notano soprattutto alcuni aspetti che si possono correlare positivamente con il praticare il binge drinking nei giovani:

– la presenza diffusi comportamenti violenti (risse);

– uno scarso impegno negli studi;

– la disponibilità di una paghetta settimanale elevata e priva del controllo genitoriale;

– il fatto di avere parenti già affetti da disturbi dovuti all’alcol;

– la frequentazione di compagnie dove si pratica il binge drinking.

Le ricerche dimostrano che un fattore preventivo per tali comportamenti a rischio è il sentirsi seguiti ed accolti da entrambi i genitori.

La tendenza ad esagerare con alcol nell’adolescenza può celare nel profondo l’attrazione dei giovani non certo per il piacere sano della bevuta, tipico aspetto del ‘bere mediterraneo’, quanto, piuttosto, per il gusto e la ricerca del rischio, propri della fase evolutiva adolescenziale. Il problema maggiore è, comunque, quello di una dilagante cultura dello “sballo”.

Insomma, la bevanda alcolica piace non tanto per il suo gusto da accompagnarsi magari ai pasti, quanto per l’utilizzo, alla stregua di vere e proprie droghe. Piace per l’effetto. Quindi è possibile ritenere l’alcol, nei fatti, un vero e propriostupefacente. Almeno potenzialmente. “L’organizzazione mondiale della sanità considera l’alcol una sostanza d’abuso. L’alcol può dare tolleranza acquisita, dipendenza fisica e psicologica, e le crisi d’astinenza da alcolici sono tra le peggiori che esistano. Le bevande alcoliche in se stesse non vanno demonizzate: il modello del bere mediterraneo, tipico del nostro dna storico e culturale, viene considerato un modello del bere sano, associato a del buon cibo e ad una convivialità spesso familiare o amicale. Il problema è che c’è un altro modello in rotta di collisione con quello mediterraneo che, ormai, è da anni in decadenza: parliamo del modello ‘nordico’ del bere, che è quello, appunto, del binge drinking. Come ho già detto, non possiamo ignorare di vivere in una società dove è forte la ‘cultura dello sballo’ e quindi è più favorito questo modello rispetto all’altro”.

Girano diverse pubblicità del ministero con slogan del tipo ‘non farti, fatti la vita’ etc. con particolare (forse unico) riferimento alle droghe leggere e pesanti. Ma anche l’alcol, abbiamo detto, è una droga: non si vedono però pubblicità che educhino a un bere sano e responsabile e che stigmatizzino l’abuso d’alcol.

“Hai messo il dito nella piaga: l’Italia essendo uno dei massimi produttori di bevande alcoliche vive questo argomento in modo contrastante. Da una parte si cerca di arginare le percentuali dei morti nelle strade causati da persone alterate dall’alcol, dall’altra vi sono spot pubblicitari dove il bere viene posto come status symbol e viene fortemente incentivato. L’inasprimento delle sanzioni ai guidatori in stato di ebbrezza ha, come dire, affrontato il problema attraverso una tattica di deterrenza. Il problema profondo resta, però, lo stesso. La risposta più importante al bere male non può che essere di tipo educativo” .

La gente, i giovani bevono male perché non sono educati a farlo bene. Come si può arginare il problema?

“Senza dubbio cominciando a creare dei momenti di incontro nelle scuole dove sia possibile parlare di questi argomenti e mettendo in luce gli aspetti negativi e positivi dell’alcol. Sicuramente anche le campagne pubblicitarie degli alcolici devono essere studiate meglio. Dovrebbero essere meno subdole. Poi occorre sfatare dei tabù: è vero che l’alcol può sciogliere dei freni inibitori e quindi un ragazzo timido potrebbe trovare maggior coraggio nelle relazioni con gli amici, ma è anche vero, che questo effetto è di breve durata ed il problema di quel disagio resta intatto, se non peggiorato. Bere per migliorarsi in qualcosa non è certo una via encomiabile, anzi… poi, come si sa, bere troppo può causare gravi danni fisici e psichici. Il bere alcolici, ad esempio, causa un calo nella performance fisica e cognitiva (si rallentano i tempi di reazione e le capacità attentive ). Il bere a rischio è la porta della dipendenza”.

Come ci si può accorgere di scivolare lentamente nell’alcolismo?

“Posto che tali valutazioni vanno fatte sempre da professionisti esperti in tali problematiche, alcuni sintomi di facile intelligibilità sono il desiderio persistente di assumere alcol, ed il farlo in quantitativi sempre maggiori con tentativi infruttuosi di ridurne l’assunzione; una grande quantità di tempo spesa per procurarsi alcolici, per consumarli e per riprendersi poi dai suoi effetti; il ridurre le proprie attività anche ricreative a causa del bere ed infine, ma non da ultimo, l’uso continuativo della sostanza a discapito di avvisaglie fisiche e malattie che necessitano l’astensione”.