Sindrome Facebook

sindrome facebbokSempre connessi ovunque e comunque. Sembra lo spot di una delle tante compagnie telefoniche che propongono offerte per abbonamenti ad internet  sempre  più convenienti, in realtà si tratta della condizione attuale delle nuove generazioni. Grazie alla tecnologia in continua evoluzione, tramite pc, cellulari e portatili  ormai è sempre più semplice rimanere in contatto con le piazze virtuali offerte da social network come Facebook  e Twitter. Eppure la tecnologia domina a tal  punto la vita delle persone da renderle meno umane, questo è ciò che sostiene la sociologa americana Sherry Turkle nel suo saggio “Insieme, ma soli”; si è  sempre in grado di contattare chiunque nel mondo, ma si è sempre più soli, chiusi nelle proprie case, davanti ad un monitor, sommersi da un diluvio di stimoli  visivi, immagini che divertono, colpiscono, scioccano e che, soprattutto, si sostituiscono alla vita reale, privandoci di impulsi, di emozioni e di esperienze vissute  direttamente sulla nostra pelle. È l’epoca delle webcam e dell’accesso incontrollato, attivo e passivo, ai video amatoriali; i giovani sono i più sensibili al richiamo  virtuale, un po’ per moda ed un po’ per adeguarsi al momento storico in cui viviamo, caratterizzato da una forte esplosione tecnologica. Facebook è l’espressione  acroscopica di un’epoca che ha cancellato il confi ne tra pubblico e privato; se da una parte rappresenta un modo per rimanere in contatto con gli  amici, i parenti ed i compagni di scuola, dall’altra è un luogo fi ttizio, appunto virtuale, che si sostituisce alla vita reale, spersonalizzando e disumanizzando  giovani menti, che si privano del contatto diretto con il genere umano, alimentando in qualche modo un’alienazione esistenziale. Capita con sempre più frequenza  di incontrare per strada giovani con il capo chino e lo sguardo fisso sul loro cellulare di ultima generazione,  intenti a consultare il proprio profilo Facebook o quello degli amici. Sono lontani i tempi in cui ci si incontrava in piazza per giocare a pallone o per fare semplicemente quattro chiacchiere. Oggi ci si  “messaggia” o si parla in chat sul proprio social network di fiducia. Il monitor di un computer diventa  un filtro dietro il quale nascondere paure ed insicurezze,  legate all’età di transizione adolescenziale, e tramite esso si può dare un’immagine di sé totalmente diversa, si può condividere solo ciò che si vuol condividere,  ci si sente più forti, scatta la voglia di sentirsi protagonisti, le ragazze si scatenano in video sexy, giovani lolite ammiccano in costume, prive di pudore, dalle foto  scattate in riva al mare, ma anche nei bagni delle scuole. Facebook è un buco della serratura, tramite il quale sbirciare inosservati nella vita degli altri, delizia di  ogni voyeur, ci si connette con il mondo e si collezionano migliaia di amici, la maggior parte dei quali non si conosce nemmeno, persone con cui nella vita reale non scambieresti nemmeno una parola, eppure più amici hai e più vali nel mondo virtuale, il tutto a discapito della privacy, ma a favore di un’inconfessabile  voglia di sentirsi protagonisti. A tutto questo si aggiunge la competizione che si instaura tra gli utenti dei social network nel raggiungere il maggiore numero di  pseudo amici associati alla propria pagina personale; ciò provoca una distorsione del senso dei veri rapporti di conoscenza, e a sua volta una vera e propria  dipendenza da amicizia o amico-dipendenza.. Tramite Facebook i giovani comunicano quotidianamente trasgressioni, frustrazioni, voglia di vendetta, felicità e  pensieri. Stefania, 17 anni, racconta che quando è a casa è perennemente sul suo profi lo, chiacchiera con amici ed amiche, riuscendo così a risparmiare i costi  delle telefonate; ammette che forse un mezzo del genere un po’ di dipendenza la crea, ma alla fine lo considera utile perché riesce a mantenere i contatti anche  con le persone lontane dalla sua città. Se usato in maniera consapevole, il socialnetwork, consente infatti di riallacciare vecchi rapporti, ritrovare i vecchi  compagni di scuola, amici che non si vedono da tempo, il tutto ovviamente scevro dal contatto umano e rinunciando a guardarsi negli occhi, e può rappresentare, comunque, un buon inizio per conservare e ritrovare le proprie conoscenze. Nel 2008, la diffusione di Facebook nel nostro Paese  è stata così rapida da  posizionare l’Italia al primo posto della classifica mondiale dei paesi con maggiore percentuale di incremento utenti. In questo luogo virtuale nascono amori e si  scatenano liti violente, si mettono in piazza segreti, stati d’animo, pensieri ed emozioni, come in una sorta di diario segreto, reso però accessibile al mondo per  mero narcisismo digitale. Andy Warhol diceva che nel futuro ognuno sarà famoso per quindici minuti; grazie ai social network ciò è diventato realtà, e si è anche  ampiamente superata la media di quei famosi quindici minuti. “Tutto ciò che fate su Facebook rimane su Facebook, a prescindere dalle vostre impostazioni sulla privacy, e cancellare il vostro account è impossibile”, afferma il presunto pirata informatico Anonymous in un video diffuso su Youtube, invitando anche ad “aderire alla causa per uccidere Facebook, per il bene della privacy”. Quindi evviva o a morte Facebook? A voi l’ardua sentenza, io intanto torno sul mio profilo.