IL SONNO DELLA STORIA

Tornando a casa ho pensato a una di decina di modi,almeno, in cui avrei potuto scrivere questo articolo, se cosi vogliamo chiamarlo. Non sono una giornalista ne tantomeno fingo di provare ad esserlo. Sono una studentessa laureanda in Architettura, più precisamente con indirizzo in Storia dell’architettura quindi ciò che sto per dire potrebbe essere frutto della “deformazione professionale” se vogliamo.

Di recente, come è stato ben pubblicizzato (anche in modo errato a quanto pare), è stato esposto il progetto esecutivo per la realizzazione di un’installazione temporanea che vede come protagonista un’icona giapponese degli anni 70, ossia il robot Goldrake, alla cui presentazione credevo si potesse partecipare come se fosse una conferenza, ma questo è un altro discorso.

Il progetto prevede l’erezione di questa struttura al centro di Piazza Garibaldi, nodo nevralgico del traffico teramano, dove era prima allocata una splendida fontana, per chi non lo sapesse o non lo ricordasse, nel punto in cui ora si trova la cosiddetta “padella” (padella, coperchio, tagadà..?) al di sotto della quale si svolgono le riunioni del consiglio comunale. Non mi dilungo a parlare di quest’ultima cosa perché altrimenti questo diverrebbe un simposio e non un articolo.

La mente del progetto pare abbia pensato a tutto: installazione temporanea di due anni, sponsorizzata da privati (o almeno l’auspicio sarebbe quello), dotata di impianti fotovoltaici cosi da renderla GREEN, A IMPATTO ZERO (una di quelle strutture che gli architetti amano definire “attive” in quanto produttrici di energia), e soprattutto finanziata da una volontaria offerta del cittadino teramano medio.

Ora procediamo con ordine alle considerazioni: qual è il cittadino teramano medio? Il cinquantenne o il diciottenne. La mia generazione è letteralmente fuggita da questa città, chi è rimasto lo ha fatto solo per l’università (ed è comunque un’esigua minoranza) e il resto dei ventenni/trentenni presenti sono studenti fuorisede. Il diciottenne medio invece, cosi come il cinquantenne, è impegnato a fare le vasche per il corso e prendere il caffè al Des Artistes.

Chi dovrebbe conoscere l’icona che andiamo a celebrare quindi? Una minoranza di popolazione che, sono certa, vorrebbe vedere risolti problemi più pratici o urgenti.

Ma ora entriamo nel vivo: essendomi mescolata alle persone accorse per fare da tifoseria (una decina non di più), ho chiesto pareri e fatto domande in merito: la risposta più gettonata è stata “Porterebbe un valore aggiunto alla città”, oppure “Darebbe a Teramo una forte risonanza nazionale e internazionale” o ancora “E’ arte pop”.

La mia replica a tutto questo è: in una città come questa, in cui abbiamo ben tre siti archeologici che stanno letteralmente marcendo, un museo civico che nessuno sa cosa contenga, una villa comunale al di sotto della quale c’è una sala espositiva mangiata dalla muffa, una sede del comune incartata da ben tre anni perché inagibile.

Cos’è esattamente che queste persone considerano una priorità? E una volta costruita questa torre di Babele e accolti i presunti turisti cosa gli faremmo vedere? Cantieri post terremoto nel centro storico? Palazzi antichi infestati da gatti, macerie ed erbacce? E qual è l’opinione che a livello nazionale o internazionale sperano che si formi?

Mi rispondono dicendo: ma tanto il finanziamento verrebbe dai cittadini non dall’amministrazione pubblica quindi i soldi pubblici non verranno toccati! E secondo voi il teramano medio sopra descritto, dopo aver visto i soldi pubblici buttati per la ripavimentazione di Corso S. Giorgio e  la costruzione della padella a Piazza Garibaldi andrebbe a offrire ulteriore denaro per questo?

Teramo è una città splendida, ricca di storia, di cultura e potenzialità e la cosa grave è che ai suoi cittadini non interessa. Non c’è interesse nel promuovere quanto c’è già di nostro e di autentico, ciò di cui dovremmo essere orgogliosi, come vivere in un borgo la cui storia è più antica di quella di Roma.

Ma ancora prima di entrare nella critica dell’idea in sé, perche ognuno ha pieno diritto di esprimere le proprie, per quanto possano essere condivisibili o meno, è la modalità che non approvo affatto. Perchè l’amministrazione, o chi per essa, non ha proposto un concorso di idee? Oppure ancora, una volta presentata questa idea, perché non è stata proposta, che so, una votazione online? Un “mini referendum” per capire cosa ne pensasse la popolazione? Piuttosto che perorare ciecamente una causa senza interpellare i diretti fruitori di quest’opera.

Tanti punti di domanda a cui non ho avuto risposta.

Sinceramente non ho mai capito perché a molte persone non piaccia la storia, dice tanto di quello che siamo noi oggi: negli anni Sessanta l’amministrazione demolì il teatro ottocentesco per far posto ai grandi magazzini. Chi vuol capire capisca.

La cose più grave in tutto ciò è il disinteresse: verso la  città, verso l’opinione pubblica, verso la storia, verso il patrimonio che abbiamo e NON conosciamo e soprattutto NON vogliamo conoscere. È solo molto triste.

Del resto,  da una cittadinanza che non è capace di tirare lo sciacquone nel bagno del bar più popolare del centro storico, non ci si  possono aspettare slanci di civiltà particolarmente profondi.

 di Ilaria Claudia Falgiani, studentessa di Architettura

scavi per apertura strada che dall’anfiteatro porta a Piazza Verdi, demolizione delle vecchie case

piazza Garibaldi fontana del Ruzzo demolita negli anni 40