IL MERITO E LE POSSIBILITÀ

Mettevo in fila le mie bambole sin da bambina, per insegnar loro i primi rudimenti dell’essere via via più umane, insegnavo loro le lettere, i colori, i numeri e vedevo nella plastica muta dei loro visi un certo discreto interesse, forse lo specchio del mio superbo spirito di comunicatrice.

Da grande ho continuato a percorrere l’audace scalata della conoscenza, con i miei ottimi voti ho dato lustro e vanto a chi, con mille sacrifici, ha voluto offrirmi delle “possibilità”. Si, per noi nati nei “ruggenti” anni ottanta, era naturale studiare per esigere dalla vita altre possibilità: tuo nonno era un solerte minatore? bene, suo figlio sarà un impiegato o un geometra o un proficuo  commerciante.
Tuo padre è un impiegato? bene, tu sarai un docente o un medico o un brillante ingegnere. Peccato,era uno scherzo…vi siete sbagliati, ci siamo svegliati.
Il mio sogno di diventare insegnante sta tramutandosi progressivamente in una sorta di titanica ascesa al monte Everest, una lotta strenua contro l’abnorme mostro della burocrazia, e di una selezione cinica, non saprei ancora dire se giusta.
Ci hanno raccontato la favola dell’università come garante di un futuro che fosse adeguato alle nostre aspettative e conforme alle nostre inclinazioni. Hanno anche detto che, si salvi chi può, già da lì sarebbero state operate le prime scremature, i migliori sarebbero rimasti e, dicevano, il posto per i migliori in una società moderna ed evoluta e giusta come la nostra, non è mai mancato.
Dicono di aver coraggio, mentre i dati economici e sociali sono sempre meno incoraggianti, dicono di voler “rottamare” quando poi a noi giovani tocca il duro compito di vincere le resistenze, spesso comprensibili, dei più anziani che temono una concorrenza spietata e, a detta loro, sleale. Dicono che si darà valore al merito ma, a oggi, l’unica ricompensa ai miei sforzi di aspirante insegnante è stato il sorriso di chi da me ha potuto attingere non solo qualche brandello di conoscenza, ma anche e soprattutto un messaggio di umanissima civiltà: come sosteneva Kahlil Gibran, la vita è davvero oscurità se è priva di slancio, ogni slancio è cieco se non v’è conoscenza, ogni
conoscenza è vana, se non v’è l’operare e ogni opera è vuota se priva d’amore.

PrimaPagina, edizione Settembre – di Elena Di Bonaventura