TRADIZIONI

Icona di Sant'Antonio AbateOgni 17 gennaio si festeggia Sant’Antonio Abate. Eremita, patriarca del monachesimo, lottatore contro i demoni, nato intorno al 250 d.C. in Egitto, fu venerato in  modo particolare dal popolo il quale faceva ricorso a lui contro la peste e contro il cosiddetto “sfogo di Sant’Antonio” o “herpes zoster”. Gli allevatori invocano la  sua protezione sugli animali domestici. Sono tante le manifestazioni

folkloristiche e le tradizioni culinarie che si ripetono  per celebrare il culto di uno dei Santi più venerati del mondo cristiano. In provincia di Teramo si preparano i dolci, i cosiddetti “uccelletti”. Cantori e musicanti, i “santantoniari”, si recano nelle case dei  paesi e intonano i canti di questua, mentre la padrona di casa pone nel loro cestino alcuni doni, salsicce, formaggi o dolci. Di solito viene anche offerto vino. Per  quanto riguarda l’iconografi a, è noto che presso l’oratorio dell’eremo di Sant’Onofrio a Sulmona è rimasta una delle più antiche rappresentazioni di S. Antonio datata intorno al XII secolo. Anche a Teramo, nella chiesa di San Domenico e nel Duomo, si possono ammirare cicli pittorici nei quali è raffi gurata l’immagine del protettore degli animali. Generalmente Sant’Antonio Abate è rappresentato con una lunga barba, avvolto nell’ampio saio monastico con il capo coperto dal cappuccio e il bastone di eremita nella forma classica o a forma di un tau. Il tau, tra il 1160 e il 1180, fu adottato come  emblema dall’ordine di S. Antonio. Gli altri attributi del Santo sono il maiale, la campanella e la fi amma. Originariamente i maiali che accompagnavano il Santo venivano allevati dai monaci dell’Ordine. Il lardo della cotenna del maiale veniva usato per lenire i bruciori dello “sfogo di S. Antonio”. Il maialino spesso rappresentato ai piedi del Santo viene interpretato come simbolo del diavolo sconfi tto e trasformato in maiale, oppure viene letto come indicatore della protezione verso gli animali domestici . Il campanello può essere raffigurato legato al bastone o sorretto a mano e probabilmente  indicava da lontano l’arrivo dei questuanti. In particolare negli affreschi  della chiesa di San Domenico e in quelli del Duomo, Sant’Antonio Abate è ben riconoscibile nella sua raffi gurazione caratterizzata dalla lunga barba, dall’ampio  saio monastico, dalla campanella legata al bastone e dal libro della Regola.