UN PAESE “IN ATTESA”

un paese in attesaAnalisi di Ipsos per Cna

Qual è oggi il “sentire” profondo degli italiani di fronte alla crisi? Ma, soprattutto, cosa pensano, quali preoccupazioni hanno,quali sono gli orientamenti di voto dei ceti produttivi, ecioè imprenditori, artigiani, dirigenti e liberi professionisti?Partendo da questo set di domande la Cna ha chiesto a Ipsos di sondare gli umori del Paese. I risultati parlano di una Italia in “attesa”, di una fortissima preoccupazione per il debito e per la situazione dell’occupazione. Novità da registrare, e su cui riflettere, anche per gli orientamenti di voto dei ceti produttivi, dove il Movimento 5 Stelle di Grillo tocca il 21,7%. Ecco in dettaglio l’analisi dei dati. 1. Crisi della rappresentanza Le priorità dei cittadini e dei ceti produttivi – spiega la nota di Ipsos per la Cna – del Paese coincide nei due aspetti principali: fortissima è, naturalmente, la preoccupazione per la situazioneoccupazionale da un lato e dall’altro per lo sviluppo e la competitività del sistema paese. Le dimensioni e il peso della crisi sonopresenti a tutti. Accanto a questi aspetti si mantiene elevata l’apprensione per il risanamento finanziario e il debito pubblico. Ma i ceti produttivi evidenziano una maggiore inquietudine per la situazione politica nella quale versa il Paese: il 41% di imprenditori, artigiani, dirigenti, professionisti si dichiara preoccupato per questo aspetto, 9 punti in più rispetto alla media dei cittadini. Questo primo dato, che emerge con nettezza chiarisce il problema centrale: la classe dirigente del Paese si trova in questo momento sostanzialmente priva di riferimenti forti e guarda al quadro politico con grande apprensione. Tutte le principali istituzioni sono coinvolte da queste perplessità. Solo la Presidenza della Repubblica, che ha rappresentato un punto di riferimento sempre più forte negli ultimi anni, sembra immune, insieme in parte ai governi locali. In difficoltà invece l’Unione Europea, che gode la fiducia della maggioranza dei cittadini (55%), ma si abbassa tra i ceti produttivi, dove la fiducia scende al 46%, sotto la maggioranza. D’altronde emerge anche da altre recenti indagini che le critiche si accentrano in particolare sulla Germania, le cui scelte, che sino ad ora hanno avuto scarsa attenzione per la crescita e il salvataggio degli stati mediterranei, creano problemi a chi combatte tutti i giorni per la tenuta della propria impresa. Ma se sull’Unione Europea rimane comunque consistente il margine di fiducia, per la politica nazionale si apre un baratro: Camera e Senato godono di una stima estremamente bassa, pari a poco più di un quinto degli intervistati, in questo caso sostanzialmente allo stesso livello dei cittadini. Al punto più basso i partiti: solo 7% esprime fiducia, la metà esatta del già basso credito che emerge tra i cittadini. 2. Orientamenti di voto Le grandi coalizioni, che hanno dominato la scena politica dell’ultimo ventennio – si legge nella relazione di Ipsos per la Cna – godono oramai di una bassa fiducia: tra i ceti produttivi centrosinistra e centrodestra sono allo stesso livello (circa il 20%), molto bassa la fiducia nel centro (8%), mentre è decisamente più elevata il credito aperto al Movimento 5 Stelle (19%, sei punti sopra i cittadini italiani presi nel loro insieme), che sembra per molti rappresentare, se non proprio un’alternativa,una risposta efficace ad una politica semprepiù screditata. Ma al primo posto troviamo la sfiducia: 32% non sceglie nessuna delle coalizioni o dei movimenti proposti. In sostanza i tre principali poli godono di un credito inferiore alla metà deiceti produttivi. Questa situazione si determina per la nettissima contrazione della fiducia nel centrodestra: coalizione maggioritaria nel2008 (54% dei ceti produttivi le dava credito), il declino comincia nella seconda metà del2010, dopo la frattura di Fini, con le differenze sempre più manifeste nel governo evidenziate dalla diarchia Berlusconi-Tremonti, con la percezione di uno stallo del governo del “fare”. Oggi la fiducia nel centrodestra è ai minimi storici (20%). Ma non è compensata dal centrosinistra, che negli ultimi mesi è sostanzialmente sceso agli stessi livelli (21%). La fotografia delle intenzioni di voto attuali (giugno/luglio 2012) dei ceti produttivi dà conto della situazione sino ad ora descritta: Il centrosinistra (nella versione della “foto di Vasto” peraltro sempre più sfuocata), è al primo posto negli orientamenti di voto delle classi dirigenti, mentre il centrodestra è a un livello di consensi assai basso ed in linea con gli orientamenti della popolazione italiana. Lo stesso avviene per il centro. Ma l’attenzione per il movimento di Beppe Grillo si conferma appieno: in questo momento avrebbe un consenso superiore a quello del Pdl e sostanzialmente identico al Pd. Nell’arco del tempo il comportamento di voto dei ceti produttivi ha visto una crisi netta del centrodestra (che era al 60% nel 2008) e un incremento del centrosinistra nel 2010 cui è seguita una sostanziale tenuta. Impetuosa la crescita del movimento di Grillo, raddoppiato negli ultimi mesi. In sostanza potremmo dire che il centrosinistra vince ma non convince. La vasta area “grigia” (incertezza ed astensione) e la crisi drammatica di rappresentanza indicano con evidenza l’attesa di una proposta nuova che ancora non si è concretizzata. Ma questa attesa non riguarda solo i ceti produttivi: tutto il paese la sta aspettando.