Rossella Rotondo, Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate

Rossella Rotondo, Direttore Regionale Agenzia delle EntrateSimpatica e volitiva, a capo di ungruppo che condivide con lei la gestione di una struttura che “seppur statale è organizzata come la Fiat o la Sevel, una multinazionale con obiettivi”. Un percorso di vita, quello di Rossella Rotondo, scandito da un programma chiaro, lineare, non senza difficoltà, ma vissuto con impegno in tutti i suoi aspetti. L’università: “Quando ho scelto di iscrivermi alla facoltà di scienze politiche della Sapienza, all’epoca c’erano 983 immatricolati. Il mio pensiero è stato: se mi iscrivo qui forse ho più opportunità di lavoro”. Ma al primo posto, insieme al lavoro, c’è anche la famiglia e la consapevolezza del valore che entrambi i ruoli rivestono e che, con impegno, si possono comunque conciliare. “Certo – esordisce la dottoressa Rotondo – è difficile, ma ho sempre creduto nell’impegno e nelle responsabilità sia per il lavoro che per la famiglia. Ogni momento dedicato all’uno o all’altra è stato interamente dedicato. Se non sono stata sempre presente in casa all’ora di pranzo, perché in ufficio, non è mai mancata la mia partecipazione alla vita dei miei figli e di mio marito, dai consigli scolastici agli impegni di coppia. Se ho tolto del tempo a qualcuno è stato solo a me stessa; niente shopping, niente tempo libero da dedicare alla mia persona , penso ad esempio alla palestra, ma non ho mai privato i miei familiari della mia presenza e delle mie cure per loro”. Il lavoro: “non mi piacciono le scorciatoie – continua – non mi sono mai piaciute. Ho la fortuna di lavorare in una struttura che pur essendo statale ha un’organizzazione di tipo aziendale privato che riconosce e premia i meriti e il valore di ognuno a prescindere dalla condizione di essere uomo o donna. Non condivido una legge che impone obbligatoriamente quote di presenze femminili sia negli incarichi, come nel caso dei consigli di amministrazione, che in politica. Se devo entrare in un consiglio di amministrazione deve essere in qualità di professionista inquanto tale, indipendentemente dal fatto che io possa indossare una gonna. Scendere a compromessi allontana il riconoscimento delle nostre professionalità e delle nostre qualità e poi le scorciatoie cozzano con la dignità. Molti dei miei collaboratori sono donne, nelle quali mi sembra di scorgere una maggiore poliedricità, naturale conseguenza della varietà di ruoli che sono chiamate a rivestire nella vita quotidiana: mogli, madri, figlie. Ovviamente questo non vuole essere una “diminutio” dei miei collaboratori di sesso maschile dei quali riconosco e apprezzo la professionalità e la capacità gestionale; ritengo superfluo sottolineare che sto parlando in generale e semplicemente affermando che, secondo il mio punto di vista, professionalità, efficienza, bravura non hanno sesso. L’intelligenza unita alla sostanza raggiunge il risultato e, anche se qualche volta ci può sembrare al di sotto delle nostre alle aspettative – conclude la dottoressa- è sempre meglio fermarsi ad un gradino inferiore, con la consapevolezza che si è lavorato per raggiungerlo ma che si può sempre fare di più, piuttosto che stare sul podio per effimere peculiarità fisiche”.