Criticare l’amministrazione comunale teramana,

oggi, è come sparare sulla Croce Rossa

Sono talmente tanti i “peccati” commessi che ormai è diventato persino noioso

trovare ulteriori motivi a conferma del fatto che questa consiliatura “non s’aveva da fare”. 

Quando un sindaco viene eletto dovrebbe diventare il Primo di tutti i suoi concittadini, non solo di chi gli ha dato il voto. Anzi. Dovrebbe dimostrare la superiorità dei suoi valori soprattutto a chi non lo ha votato. Dovrebbe coinvolgere i suoi concittadini non allontanarli, arroccandosi a difendere solo il suo “fortino” di fedelissimi ,  contro  l’evidenza di scelte sempre più contestate e rifiutate.

 Non è più possibile continuare a ripetere che “i soldi non ci sono e abbiamo fatto il possibile”.

È evidente che non è così. C’è sempre un’alternativa, un’opzione, un piano B da tenere pronto alla bisogna, ma questa giunta rifiuta ogni confronto, ogni mediazione, ogni suggerimento di buon senso se proviene dalla parte “opposta” o da semplici cittadini.

E questa non è politica, è solo arroganza. L’arroganza di credere che con quel mandato, invece di una delega ha ricevuto un “regno” e invece di elettori ci considera sudditi (questo il  “modello Teramo”, di vetusta memoria).

Siamo stanchi, disgustati, offesi, arrabbiati, indignati ma pure non è ancora abbastanza.

Non basta una città senza più lavoro, dove sopravvivono “casate” ( ma solo fino ad esaurimento scorte) e corti annesse.

Non basta una gioventù disillusa,eppure che tenta disperatamente di dire qualcosa a politici sordi e “incancreniti” nei loro anacronistici status.

Non basta la perenne emergenza:  scuole senza mensa, scuolabus senza sicurezza, rifiuti senza raccolta, fondi senza bandi, strade senza manutenzione e centri operativi che non riescono a organizzare un’allerta meteo dato settimane prima.

Se basta una pioggia un po’ più accentuata o una banale nevicata invernale (che in altri contesti non sarebbe neanche stata considerata un’emergenza perché, pensate un po’: d’inverno è normale che nevichi o che ci siano gelate), se basta questo per paralizzare una città già inerte di suo per altri mali endemici, non possiamo sempre dare la colpa a loro.

La responsabilità principale, che ci piaccia o no, è solo la nostra (sudditi a cui è stata rubata “l’anima”), quando abbiamo tra le mani una matita e tracciamo una croce. Loro sono lo specchio dei nostri valori. Quando abbiamo l’opportunità di scegliere e continuiamo a seguire consuetudini arcaiche poi non possiamo lamentarci più di tanto. 

È pur vero che la nostra era una scelta difficile: o la padella o la brace, ma  la fine era certa. Annunciata dal tono di una politica che sta implodendo su se stessa ma che come tutti i moribondi cerca l’ultimo alito di ossigeno.

Non so che cosa ci porterà questo nuovo anno, ma non è difficile prevedere come finirà se non si comincia a fare autocritica. A partire da noi.

Dir responsabile PrimaPagina – Mira Carpineta