EMERGENZA CARCERE

emergenza carcereLa Provincia di Teramo dà il via a un progetto per coinvolgere nel mondo del lavoro i detenuti del carcere di Castrogno. Ne parliamo con Giampiero Cordoni, segretario regionale del sindacato nazionale autonomo di Polizia Penitenziaria, il Sinappe. “Tutti questi tipi di attività sono piuttosto importanti, e infatti per i detenuti sono una festa, ma il problema

è che non ci sono conseguenze, dopo”. Dopo, ovvero quando gli ospiti del carcere, pagato il loro debito con lo Stato, escono e tornano alla vita quotidiana. “C’è una certa ipocrisia nella società civile – prosegue Cordoni- nell’accogliere queste persone, motivo per cui nessuno vuole assumere un ex detenuto. Al momento, queste persone al limite si possono ritrovare solo in cooperative di ex detenuti, dove manca il collegamento con la realtà esterna”. Il problema della mancanza di una lavorazione assume dimensioni grottesche, se si considera che Castrogno ha a disposizione un laboratorio di ceramica e un teatro perfettamente a norma, ma che sono stati ben poco operativi negli ultimi anni, a causa di problemi di amministrazione, e che i detenuti si ritrovano in cella anche per ventidue ore al giorno. “Noi dovremmo assicurare a loro almeno un po’ di tempo di evasione, anche se questo magari non è il termine migliore – scherza Cordoni –, perché l’inedia è la cosa peggiore che gli possa capitare, in quanto pensano costantemente alla propria condizione”. E se tranquilli non sono i detenuti, tranquilli non possono neanche essere gli agenti della polizia penitenziaria. “Fino a qualche anno fa c’erano i problemi dei detenuti, e i problemi della polizia penitenziaria. Oggi i problemi sono collettivi, i loro passano attraverso i nostri e viceversa. Ecco perché in carcere si sviluppa una solidarietà istintiva, perché le privazioni accomunano tutti”. Ma nonostante la solidarietà, i problemi più gravi non sembrano trovare la soluzione che meriterebbero nel breve termine. “Teramo è il terzo carcere italiano per numerodi suicidi, e questo è dovuto anche all’enorme aumento del numero di detenuti con patologie psichiatriche, che noi non sappiamo come gestire. Per questo motivo il Sinappe ha chiesto già due volte la soppressione del reparto dipsichiatria, l’unico in tutto l’Abruzzo: ci lavora un’unica psichiatra con un contratto a tempo, 18 ore settimanali, ma a noi non viene fatto un corso di aggiornamento da anni. E’ ovvio che diventa difficile anche seguire il comportamento dei tossicodipendenti. Dal Sert mandano addetti alla somministrazione del metadone, e per il resto nulla. E a noi non rimane che aspettare che i momenti di crisi di queste persone passino”. Ma nonostante le sollecitazioni e gli appelli, il segretario sindacale lamenta di come a livello politico e amministrativo, tutti facciano “orecchie da mercante”. “Una volta, in seguito ad un suicidio, l’amministrazione carceraria mandò una commissione a vedere cose già sapute. Chiudono la stalla quando i buoi sono scappati”. Al problema dei suicidi si aggiunge quello dell’inadeguata edilizia di un edificio costruito negli anni ’60, che si ritrova ad ospitare quasi il doppio del numero massimo di individui stabilito inizialmente, e delle unità di lavoro che andranno in pensione nella prossima primavera, oltre allo sbandierato arrivo di dieci nuove unità, di cui però quattro sono già a Teramo da anni e hanno semplicemente ricevuto una conferma nell’incarico – un “trucco contabile”, a detta di Cordoni. Che sul ruolo delle ‘guardie’ insiste: “Non sentiamo di essere abbandonati, ma non vediamo riconosciuto il nostro valore. In televisione ci chiamano ancora ‘secondini’, un termine del secolo scorso, valido quando il nostro ruolo era quello di aprire o chiudere una cella. Oggi invece facciamo da educatori, infermieri e psicologi, pur con turni di lavoro a volte doppi, comunque massacranti. Per questo non siamo semplici secondini, ma veri operatori di polizia”. Eppure, nonostante le tante preoccupazioni, l’atteggiamento del segretario del Sinappe sembra piuttosto combattivo. “Un momento di rassegnazione può sempre sfiorarti, quando fai questo mestiere, perché sai di condurre una guerra contro i mulini a vento. Ma alcuni fattori mi spingono a continuare. Intanto, sapere che mai nessuno è riuscito a smentire anche una sola delle cose che il Sinappe ha denunciato in questi anni. E il ‘grazie’ di cuore detto da un detenuto, per avergli risolto un problema, anche piccolo. Il punto è capire ciò: questo non è un mestiere come un altro. Noi trattiamo materiale umano”.