BAD BANK: soluzione o aiuto al sistema economico

In Italia si farà?

In Germania, Spagna o Gran Bretagna un simile strumento,  Bad Bank,  ha salvato il sistema creditizio.

 

Una sorta di inceneritore delle sofferenze bancarie.

Oggi le stesse non consentono alle banche di effettuare finanziamenti alle realtà economiche, utili alla ripresa economica del sistema Paese.

 

Le più alte autorità di controllo, da Mario Draghi e Ignazio Visco hanno sancito pubblicamente che non c’è altra strada per ammortizzare i quasi 200 miliardi di sofferenze che impediscono alle banche italiane di erogare prestiti a famiglie e imprese.

Bankitalia,  che è parte in causa in quanto titolare della vigilanza bancaria,  sostiene che un processo del genere avrebbe numerosi e importanti effetti positivi: maggiore trasparenza, minori costi di gestione, ricadute positive sulle banche in termini di capacità di attrarre capitali e accesso ai mercati della raccolta all’ingrosso.

Verrebbero meno la maggior parte dei vincoli all’offerta di prestiti,  si permetterebbe, come detto,  la ripresa degli investimenti creando le premesse per processi di aggregazione e sviluppo del mercato dei crediti deteriorati.

Ma come funziona?

Una prima ipotesi potrebbe prevedere la creazione di una società-veicolo che emette titoli di debito sul mercato, coperti da una garanzia pubblica a favore di chi investe in essi. Con i fondi raccolti, la società-veicolo acquisterebbe i crediti deteriorati delle banche a prezzi scontati e li gestirebbe,  sperando, alla fine di ottenere un profitto. In caso di perdite, scatterebbe la garanzia pubblica per indennizzare chi ha investito. In caso di profitto, lo Stato verrebbe pagato per avere offerto il servizio di quella stessa garanzia. Non possiamo non evidenziare il termine “sperando”.

La seconda ipotesi, potrebbe prevedere di inserire le sofferenze bancarie in pacchetti di titoli che  la Bce potrebbe acquistare nei suoi nuovi interventi, sempre con una garanzia dello Stato italiano in caso di perdite. La terza via  è quella di un sistema di sgravi fiscali per facilitare l’uscita delle sofferenze dalle banche. 

In tutti i casi rimane il tema dell’impatto delle eventuali uscite pubbliche sui conti pubblici. Per cui il punto fondamentale è capire se le perdite andrebbero a pesare sul rapporto deficit/Pil, che come noto non può sforare il 3 per cento, e l’Italia è al limite. 

 Se i benefici di eliminare le sofferenze sono evidenti per le banche, imprese e famiglie avrebbero un accesso al credito più semplice?  La risposta è generalmente positiva, perché le stesse sofferenze e il sistema bancario che sottende le stesse sono stati il vero freno dell’erogazione del credito.

È fondamentale il “come” funzionerà il nuovo contenitore di crediti deteriorati. “Se la bad bank funziona solo con garanzia,  la liquidità non affluisce e quello che si ottiene è la liberazione,  in parte, del capitale impiegato per la copertura delle sofferenze. Se la bad bank,  invece,  non si limita alle garanzie ma paga i crediti, ci sarà anche più liquidità”.

Oggi il sistema banche e la relativa crisi delle stesse non riguarda solo la  liquidità ma anche il capitale, quindi la riduzione dell’incertezza permetterebbe di liberarne molto. Ma oggi le banche sono paralizzate, per cui non è opportuno fare troppo affidamento sulla ripresa del credito. Tutto cambierebbe se le imprese avessero accesso diretto alla liquidità immessa dalla Bce attraverso i bond. Oggi le banche sono avverse al rischio e qualsiasi cosa è vista in negativo, mentre l’imprenditore è ottimista per natura o per non avere alternative. 

 In concreto, se il Governo non si accollerà la differenza tra il valore reale  e quello di mercato, una bad bank diverrebbe poco appetibile per il settore.

E’ sicuramente più opportuno creare condizioni fiscali e normative affinché i crediti in sofferenza, soprattutto per le banche medie,  si possano mettere in mobilizzazione senza tenere questi attivi bloccati.

 

di Laura Di Paolantonio / Dottore Commercialista – Revisore contabile