AUTOSTRADA DEI PARCHI? AUTOSTRADA PER POCHI

Con apposito decreto, il Ministero delle Infrastrutture ha autorizzato, dal 1° gennaio, la società concessionaria dell’Autostrada dei Parchi ( per intenderci la Teramo – L’aquila – Roma ) ad operare aumenti del pedaggio nell’ordine del 13,76% complessivo.

Basta analizzare nel dettaglio il decreto in questione per comprendere come la natura di tali aumenti sia, in gran parte, ingiustificata.

Il rincaro, infatti, viene normativamente previsto a copertura dell’adeguamento periodico al tasso di inflazione dell’ultimo triennio e a ristoro parziale dei costi di manutenzione.

Va rilevato, tuttavia, come i costi di manutenzione ( efficaci? ) dovrebbero essere, a rigore di logica, sostenuti ordinariamente dalle voci di attivo della società concessionaria.

Va sottolineato, altresì, come il tasso di inflazione triennale ( 2014, 2015 e 2016 ), secondo fonti governative, vada ad attestarsi sulla soglia di un complessivo 0,58%, lontano anni luce da quel 13,76%  che va a depredare, ancora una volta, il portafogli degli automobilisti Abruzzesi.

“Depredare” è il termine più adatto, considerato che la tratta Val Vomano – L’Aquila Ovest ( 57 km ) costerà agli utenti 6,70 euro, a fronte della tratta Val Vibrata – Pescara Ovest ( 67 km ) che si attesta a 4,60 euro.

Dal punto di vista puramente territoriale e strategico, il discorso segue, invece, altre logiche di opportunità  oggettiva.

Teramo e L’Aquila sono le due province Abruzzesi maggiormente colpite dal sisma 2009 e da quelli del 2016: come si pretende di rilanciare l’economia di questi due territori andando ulteriormente ad aumentare le tariffe di quello che è, allo stato attuale, il tratto autostradale più costoso d’Italia? A tutela di tessuti economici già ampiamente compromessi il pedaggio del tratto viario che collega Teramo e L’Aquila dovrebbe essere ampiamente diminuito, con parziale copertura pubblica, se non reso temporaneamente gratuito così da favorire flussi commerciali e turistici in tutta l’area del Gran Sasso.

L’enorme sacrificio naturale e paesaggistico connesso all’installazione di una infrastruttura, comunque sia, di importanza fondamentale, perde di senso nel momento in cui viene posto a servizio del profitto economico di una società privata (  che fattura in media  160 milioni di euro l’anno ) e non a tutela delle esigenze economiche e sociali della collettività.

di Riccardo Panzone