IN TURCHIA PER SCOPRIRE LA SITUAZIONE DEI RIFUGIATI POLITICI

Attraverso il progetto “Photography as a Tool to Build Bridge” che ha visto coinvolti 30 giovani

Oggi abbiamo avuto la splendida opportunità di imbatterci in un progetto che non conoscevamo. Si tratta del  “Photography as a Tool to Build Bridge” rivolto agli studenti universitari di vari paesi e svoltosi in questi giorni a Eskişehir; ne hanno parlato con noi alcuni partecipanti appena rientrati nel nostro Paese.

In cosa consisteva esattamente il progetto al quale avete partecipato?
Federica: Il progetto riuniva partecipanti di età compresa tra i 18-30 anni, provenienti dalla Turchia, nazione ospitante, Germania, Grecia, Danimarca, Svezia e Italia per occuparsi della situazione dei rifugiati politici attraverso workshop creativi- spesso proposti dagli stessi partecipanti, molti dei quali fotografi di professione-  imperniati sullo strumento della fotografia. Le attività si strutturano a partire dai concetti di educazione non formale e informale, in poche parole lungi da lezioni frontali e da un apprendimento passivo, imparare attraverso l’azione, il libero incontro e scambio con altre persone senza gerarchie, voti, giudizi.

Cosa vi ha colpito di più del progetto?-
Federica: Sicuramente le persone, i loro volti il primo giorno, la loro creatività durante le attività e la loro energia che in queste situazioni è straordinariamente contagiosa e poi ognuno di loro con una storia diversa in cui perdersi e specchiarsi per capire quanto sia ricco e complesso l’animo umano quanto il mondo contemporaneo. Quando parlo di storie mi riferisco infatti tanto all’interiorità, alle esperienze personali di ciascuno dei miei compagni di viaggio, quanto al ricchissimo contesto culturale in cui queste storie si sono svolte, molti partecipanti appartengono infatti alla seconda generazione di migranti nel paese in cui vivono. Le conversazioni che ho avuto con ognuno di loro e l’originalità di alcuni workshop mi hanno permesso davvero di toccare la realtà dell’esperienza dei rifugiati, fisicamente e spiritualmente e questa esperienza non può che rendermi una persona più ricca, sensibile e una cittadina più consapevole.

Siete riusciti a socializzare creando con il vostro gruppo di lavoro i presupposti per nuove amicizie?

Camilla: Il gruppo di partecipanti al progetto “Photography as a tool to build bridge” era composto da diversi giovani con diversi background e storie personali. Nonostante questo, e anzi soprattutto grazie a questo, si è fin da subito creata un atmosfera accogliente e aperta alle differenze di ognuno. Il gruppo ha sviluppato bellissime dinamiche che sono state in grado di far sentire ognuno accettato e a proprio agio, nonché libero di esprimersi liberamente. Questo ha permesso a tutti di contribuire con le loro conoscenze e creatività, abbiamo passato un sacco di tempo insieme, tra divertimento e conversazioni profonde. Ho visto diverse amicizie nascere in questo progetto, e sono convinta che siano destinate a durare. Ognuno di noi spera di incontrare gli altri partecipanti in qualche altro progetto o nei rispettivi paesi! Personalmente ho amato spendere del tempo con gli altri partecipanti, ho conosciuto persone simili a me, che sono state capaci di ispirarmi a mettermi in gioco e a seguire i miei sogni.

Come era organizzata una giornata tipo in un Erasmus+ Youth Exchange Project?  

Camilla: L’organizzazione del progetto “Photography as a tool to build bridge” è stata bilanciata e ben strutturata, con un ottima ripartizione tra tempo libero e lavoro. La mattina la colazione era sempre tra le 8.30 e le 9.30, poco dopo iniziavano i laboratori e le attività della mattina, sempre precedute da un energizer o da lavori di team-building per creare coesione nel gruppo e portare il focus di tutti sul tema del progetto. Alle 13 veniva servito il pranzo, durante il quale tutti i partecipanti avevano tempo per riposarsi, chiacchierare o discutere dei progetti e dei workshop assegnati ai vari national teams. Le attività del pomeriggio iniziavano solitamente tra le 3 e le 4, per finire alle 7, giusto in tempo per la cena. Durante le pause tra le attività ognuno era libero di organizzare il proprio tempo libero. In questi momenti molti di noi passavano del tempo insieme o riposavano, e in diverse occasioni siamo riusciti ad organizzare piccole gite nel centro della città. Data la coesione e buon lavoro del gruppo spesso i diversi team erano liberi di lavorare in autonomia, per poi presentare il lavoro finito entro la scadenza. La sera sono state organizzate diverse serate di intrattenimento e condivisione, come per esempio le cultural nights.

Avevate a disposizione vitto e alloggio ne siete rimasti soddisfatti?

Antonio: Il vitto e l’alloggio sono la parte migliore a parer mio dei progetti di scambi di giovani Erasmus+ in quanto essendo inclusi nel budget del progetto permettono a una maggiore varietà di persone di viaggiare. Nel nostro caso l’alloggio e le attività si sono svolte in un comodo Hotel a 3 stelle, dove ci siamo trovati molto bene. Il cibo era locale e un grande quantità e ci ha permesso di rimanere ampiamente soddisfatti. L’ambiente è un punto importante per questa tipologia di esperienze in quanto per un fluido svolgimento i partecipanti vogliono sentirsi in un luogo sicuro e a proprio agio. Noi siamo rimasti pienamente soddisfatti: la risoluzione di problemi da parte dello staff, i consigli e, in generale, gli aiuti forniti da essi ci hanno permesso di soggiornare in un luogo confortevole.

Tornando in Italia cosa porterete con voi di più prezioso dell’esperienza appena conclusa?-

Leda: Credo che siano due le cose principali che ognuno porterà con sé e che continuerà ad apprezzare anche dopo il ritorno. La prima sono le amicizie e i legami creati. Durante il progetto tutti si sono messi in gioco con sincerità e mentalità aperta e si sono creati legami che continuano a essere nutriti anche ora. Si sono create conoscenze fra persone con background molto diversi che stanno accrescendo personalmente ognuno di noi. La seconda sono le conoscenze e la capacità per esprimere meglio le nostre idee sul tema principale del progetto. Grazie agli organizzatori e facilitatori siamo stati spronati ad usare le nostre abilità per esprimere noi stessi e la situazione del nostro paese riguardo al tema dei rifugiati. Ci hanno dato materiali e metodi creativi per comunicare efficacemente le nostre visioni e condividerle con gli altri.

Durante il tempo libero avrete sicuramente visitato Eskişehir, cosa avete apprezzato maggiormente della città?

Leda: Eskişehir è una città pulita e molto accogliente per gli studenti. È più tranquilla delle grandi città metropolitane turche ma risponde a tutte le esigenze di chi ha partecipato al progetto. La zona di Odunpazarı, più storica e ricca d’arte, grazie anche alla presenza di musei come quello d’arte moderna OMM, era perfetta per chi volesse passare una giornata all’insegna della cultura. Il centro è ricco di negozi e locali dove poter fare acquisti e provare prodotti locali. La sera era facile spostarsi e incontrarsi anche con studenti universitari del posto, favorendo così lo scambio culturale e una conoscenza più profonda della cultura e società del paese ospitante.  Pur essendo una grande città è ricca di scorci naturali, essenziali per fare passeggiate all’aria aperta e ricaricarsi di energia.

Se vi proponessero di ripetere un’esperienza analoga accettereste?-

Lorenzo: Senza ombra di dubbio, il progetto “Photograpy as a tool to build bridge” era accompagnato da un team di organizzatori e facilitatori altamente competenti e preparati. Si sono dimostrati sempre disponibili a qualsiasi problematica e incertezza ed hanno arricchito questa settimana con numerosissime attività, cercando di coinvolgere i partecipanti in ognuna di esse con metodi di formazione non-formali e sempre creativi e interessanti. Il progetto, inoltre, risultava molto interessante e ha stimolato il senso artistico e creativo di ognuno di noi. Tornerei senza nessuna esitazione ad un progetto gestito da questa organizzazione.

Se un giovane vi chiedesse un consiglio su questa tipologia di Erasmus lo indirizzereste verso questa proposta?-

Lorenzo: Assolutamente. Quando si comincia a intraprendere questi progetti può capitare di imbattersi in equipe non ben organizzate che potrebbero non garantire una esperienza strutturata al meglio ma, anzi, piuttosto disorganizzata. Un’organizzazione come quella che ha ospitato questo progetto ha senza dubbio tutte le carte in regola per essere un’ottima prima esperienza e per offrire un bellissimo esempio di quello che gli Erasmus+ Youth Project Exchanges sono in grado di garantire. Per alcuni dei partecipanti questa era effettivamente la prima esperienza e senz’altro il loro feedback è stato positivo visto che hanno già in mente di fare richiesta per altri progetti simili.

Francesca Lippi